Pazienza,
la virtù del quotidiano
Pazienza? Continueremo ad averne bisogno,
sarebbe imprudente pensare che tutta questa storia sia finita.
Ma non è solo
una qualità necessaria dell’amore verso gli altri: è anche una dimensione della
nostra fede
di
p. FEDERICO LOMBARDI
Sia nel tempo dell’isolamento per la pandemia,
sia nel tempo della ripresa di relazioni e attività, è stata richiesta e
continua ad essere richiesta a tutti noi una grande quantità di pazienza, a cui
probabilmente non eravamo abituati. Vivere così a lungo insieme in famiglia
nello spazio limitato di un alloggio, senza poter ricorrere a evasioni o
distensioni o incontri alternativi abituali, sentendo oltretutto la pressione
della paura del contagio e delle preoccupazioni per il futuro, mette certamente
alla prova l’equilibrio e la solidità delle nostre relazioni. E non è molto
diverso nelle comunità, anche in quelle religiose, nonostante i tempi di
preghiera e le regole consolidate di comportamento. Tensione, incertezza,
nervosismo si sono fatti molto sentire anche nel caso dell’assenza di contagi
effettivi.
Fra le molte virtù che in questo periodo sono
diventate più preziose del solito c’è dunque pure quella della pazienza. E
penso che continueremo ad averne bisogno perché, come sappiamo, sarebbe molto
imprudente pensare che tutta questa storia sia già finita.
La pazienza è una virtù del quotidiano. Senza
di essa i rapporti di coppia, di famiglia, di lavoro diventano prima o dopo
sempre più tesi, segnati da urti o conflitti, alla fine forse addirittura
invivibili. C’è da crescere in una scuola di accoglienza e accettazione
vicendevole che anche se bella, ha pure i suoi aspetti logoranti. Ma il modo
oggi comune di pensare non ci aiuta ad assumere questa fatica come prezzo di
qualcosa di grande. Anzi, spesso alimenta l’insofferenza e la critica dei
difetti e dei limiti degli altri e propone molto facilmente e rapidamente la
rottura come l’unica soluzione dei problemi. Ma è giusto?
L’ “Inno alla carità” che San Paolo eleva
nella sua prima lettera ai Corinzi (c.13, 1-13), non va considerato come un
sublime testo poetico, ma come uno “specchio” in cui possiamo verificare se la
nostra carità rimane solo una parola vana o sa tradursi in concreti
atteggiamenti quotidiani. San Paolo enumera ben 15 di questi atteggiamenti. Il
primo è: “la carità è paziente”; l’ultimo è: “la carità tutto sopporta”. E
anche diversi altri fra quelli enumerati hanno molto a che fare con la “carità
paziente”. Così, la carità “è benigna… non si adira… non tiene conto del male
ricevuto…”.
Ma la pazienza non è solo una qualità
necessaria dell’amore quotidiano verso i nostri cari e tutti gli altri con cui
dobbiamo convivere. È anche una dimensione della nostra fede e della nostra
speranza attraverso tutte le vicende della vita e della storia. San Giacomo ci
invita a guardare al contadino, come colui che sa che bisogna aspettare: “Siate
dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate il contadino:
egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto
le piogge d’autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi,
rinfrancate i vostri cuori” (Giac 5, 7-8).
Per i primi cristiani la pazienza è
strettamente legata alla perseveranza nella fede durante le persecuzioni e le
difficoltà cui sono esposti come fragile e piccola comunità nelle vicende della
storia. Perciò parlare di pazienza è anche sempre parlare di prova, di
sofferenza attraverso cui siamo chiamati a passare nel nostro cammino. San
Paolo ci coinvolge in una dinamica che ci prende e ci porta lontano. In questa
dinamica la pazienza è un passaggio inevitabile: “La tribolazione produce
pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La
speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rom 5,3-5).
La prova della pandemia è certo causa di
tribolazione per molte ragioni diverse, richiede carità paziente nei rapporti
con gli altri a noi vicini, richiede pazienza nella malattia, richiede pazienza
lungimirante nei modi di combattere il virus e di riprendere il cammino in
solidarietà con la comunità ecclesiale e la comunità civile di cui facciamo
parte. Sapremo superare il nervosismo, la stanchezza e la chiusura in noi
stessi per rinfrancare i nostri cuori nella virtù provata e nella speranza? La
Lettera agli Ebrei (c.12) ci invita a tener fisso lo sguardo su Gesù come
esempio di pazienza e perseveranza nella prova. E Gesù, al termine del suo
discorso sulle tribolazioni che i suoi discepoli dovranno attraversare, ma in
cui non li abbandonerà, ci dice una parola preziosa per accompagnarci sempre,
anche oggi: “Nella vostra pazienza guadagnerete le vostre vite!” (Lc 21,19).
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