- UNA FORTE VIRTÙ PER CAMMINARE SUGLI ARDUI SENTIERI DELLA VITA -
Papa Francesco è tornato più volte in questo
periodo a parlare di speranza, spronandoci a guardare con occhi nuovi la nostra
esistenza, soprattutto ora che è sottoposta a dura prova, e guardarla
attraverso gli occhi di Gesù, “l’autore della speranza”, affinché ci aiuti a
superare questi giorni difficili, nella certezza che il buio si trasformerà in
luce
di Maria Milvia Morciano
- Città del
Vaticano
Francesco ha parlato tante volte di speranza,
che definisce come “la più piccola delle virtù, ma la più forte. E la nostra
speranza ha un volto: il volto del Signore risorto, che viene «con grande
potenza e gloria»” (Mc 13 26)” (Angelus,
15 novembre 2015). La speranza quindi non è qualcosa, ma qualcuno,
proprio come esclama san Francesco nelle Lodi di Dio Altissimo: “Tu
sei la nostra speranza!” (FF 261). Ed “Egli non abbandonerà
tutti quelli che sperano in lui” (FF 287; Cfr Sal 33, 23).
Una virtù nascosta, tenace e paziente
“È la più umile delle tre virtù teologali,
perché rimane nascosta”, spiega Papa Francesco: “La speranza è una virtù
rischiosa, una virtù, come dice san Paolo, di un’ardente aspettativa verso la
rivelazione del Figlio di Dio (Rm 8,19). Non è un’illusione” (Omelia
di Santa Marta, 29 ottobre 2013). “È una virtù che non delude mai: se tu
speri, mai sarai deluso”, è una virtù concreta, “di tutti i giorni perché è un
incontro. E ogni volta che incontriamo Gesù nell’Eucaristia, nella preghiera,
nel Vangelo, nei poveri, nella vita comunitaria, ogni volta diamo un passo in
più verso questo incontro definitivo” (Omelia
di Santa Marta, 23 ottobre 2018). “La speranza ha bisogno di pazienza”,
proprio come bisogna averne per veder crescere il grano di senape. È “la
pazienza di sapere che noi seminiamo, ma è Dio a dare la crescita” (Omelia
di Santa Marta, 29 ottobre 2019). La speranza non è passivo ottimismo ma,
al contrario, “è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta
sicura” (Angelus,
6 settembre 2015).
La speranza prima del cristianesimo
Nel mito di Pandora, dal suo vaso aperto
fuoriescono tutte le sciagure per abbattersi sull’umanità. Nel fondo rimane
soltanto la speranza che però racchiude in sé qualcosa di oscuro. Il
significato del termine greco ἐλπίς è duplice e non riveste un’accezione
semplicemente positiva. Elpis è l’attesa del futuro e allo stesso
tempo il timore che sia sempre incerto. È una promessa che può anche non
realizzarsi mai. Infatti, “non si può sfuggire a ciò che vuole Zeus”
(Esiodo, Le opere e i giorni 42-105). “Che cosa è la speranza?” Si
dice fosse stato chiesto ad Aristotele. “È sogno di uomo sveglio”, avrebbe
risposto (Vite dei filosofi, Diogene Laerzio). Nel mondo romano, la
speranza si concretizza nella personificazione di una dea, Spes, che
appare associata a Salus e Fortuna, ricevendo una connotazione
di natura politica, quale buon auspicio per l’imperatore e di felice sviluppo
per l’Impero. E poiché per gli antichi pagani la vita si arrestava sul
precipizio dell’Ade, la speranza si legava a bisogni limitati che si cercava di
volgere a proprio favore attraverso riti e voti. La vita era segnata dal fato,
da un destino ineluttabile. Senza scampo.
La speranza sempre presente nel cuore degli uomini
La speranza è sempre presente in ogni cultura
e in ogni epoca e il suo significato aderisce, modellandosi, sul pensiero e
sulla cultura dei diversi popoli, nel tempo e nelle latitudini. Tolto il suo
significato di virtù teologale nel cristianesimo, il suo concetto diventa
inafferrabile, positivo e negativo insieme, basti pensare ai proverbi della
saggezza popolare: “la speranza è l’ultima a morire” o “chi di speranza vive
disperato muore”. Secondo Giacomo Leopardi, è il bene maggiore dell’uomo perché
gli consente di realizzare il piacere anche soltanto nella sua attesa.
Categorico il pensiero di Nietzsche che la chiama “virtù dei deboli”. Per Emily
Dickinson è un pensiero tenero: “La ‘Speranza’ è una creatura alata – che si
viene a posare sull’anima – e canta melodie senza parole – senza smettere mai”.
Per Ferdinando Pessoa è una suggestione eterea: “E solo se, mezzo addormentati,
senza sapere di udire, udiamo, essa ci dice la speranza cui, come un bambino
dormiente, dormendo sorridiamo”.
La virtù bambina di Charles Peguy
I versi più sorprendenti sono senz’altro
quelli dello scrittore e poeta francese Charles Peguy ne Il portico del
mistero della seconda virtù (1911), un poema cui fa riferimento Papa
Francesco quando parla del tratto caratteristico di questa virtù: una bambina
che guarda al futuro e che sorprende, con la sua irriducibilità, lo stesso Dio
e che parla in prima persona: “La fede che più amo, dice Dio, è la speranza
… Ciò che mi sorprende … è la speranza. E non so darmene ragione.
Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla. Questa speranza
bambina. Immortale”. “La piccola speranza avanza fra le due sorelle
maggiori e su di lei nessuno volge lo sguardo. Sulla via della salvezza, sulla
via carnale, sulla via accidentata della salvezza, sulla strada interminabile,
sulla strada fra le sue due sorelle la piccola speranza. Avanza”. La
Speranza avanza tra le due sorelle maggiori tenendole per mano, ma è lei in
realtà che le conduce.
Abramo, uomo di speranza
La Bibbia è tutta permeata di speranza. Abramo
“credette saldo nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4,18). Papa
Francesco nota come Abramo, in un momento di sfiducia, invece di chiedere il
figlio promesso che non arrivava, “si rivolge a Dio perché lo aiuti a
continuare a sperare. È curioso, non chiese un figlio. Chiese: ‘Aiutami a
continuare a sperare’, la preghiera di avere speranza … Non c’è cosa più bella.
La speranza non delude” (Udienza
Generale, 28 dicembre 2018).
Giovanni Paolo I: la speranza è una virtù obbligatoria
Durante il suo brevissimo ministero, Giovanni
Paolo I dedica alla speranza una catechesi, dove afferma che essa “è una virtù
obbligatoria per ogni cristiano” che nasce dalla fiducia in tre verità: “Dio è
onnipotente, Dio mi ama immensamente, Dio è fedele alle promesse. Ed è Lui, il
Dio della misericordia, che accende in me la fiducia; per cui io non mi sento
né solo, né inutile, né abbandonato, ma coinvolto in un destino di salvezza,
che sboccherà un giorno nel Paradiso” (Udienza
Generale, 20 settembre 1978).
Giovanni Paolo II: i cristiani sono testimoni di speranza
San Giovanni Paolo II invita a riscoprire la
virtù teologale della speranza, che "da una parte, spinge il cristiano a
non perdere di vista la meta finale che dà senso e valore all'intera sua
esistenza e, dall'altra, gli offre motivazioni solide e profonde per l'impegno
quotidiano nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto
di Dio" (Tertio
millennio adveniente). Occorre accogliere il dono dello Spirito Santo che
“suscita in noi la certa speranza che nulla "potrà mai separarci
dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,39). Per questo
motivo, il Dio rivelatosi nella "pienezza del tempo" in Gesù Cristo è
veramente "il Dio della speranza", che riempie i credenti di gioia e
di pace, facendoli abbondare "nella speranza per la potenza dello Spirito
Santo" (Rm 15,13). I cristiani sono perciò chiamati ad essere testimoni
nel mondo di questa gioiosa esperienza, "pronti sempre a rispondere a
chiunque domandi ragione della speranza" che è in loro (1 Pt 3,15).
Benedetto XVI: la speranza cambia la vita
Benedetto XVI dedica alla speranza un’intera
enciclica, la Spe Salvi. La descrive come una virtù performativa,
capace cioè di “produrre fatti e cambiare la vita”. Nella Lettera ai Romani,
san Paolo parla di salvezza nella speranza (Rm 8,24). “La redenzione - scrive
Benedetto XVI - ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una
speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro
presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed
accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri,
se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”. Benedetto
XVI indica una testimone di speranza: santa Giuseppina Bakhita, una donna che
aveva conosciuto la schiavitù, la violenza, la povertà, l’umiliazione. Una
donna che, nell’incontro con Gesù, ha visto rinascere la speranza che poi ha
trasmesso agli altri come realtà viva: “La speranza, che era nata per lei e
l'aveva ‘redenta’, non poteva tenerla per sé; questa speranza doveva
raggiungere molti, raggiungere tutti” (Spe
Salvi, 30 novembre 2007).
Papa Francesco: la speranza è luce che vince le tenebre
“La speranza - afferma Papa Francesco - fa
entrare nel buio di un futuro incerto per camminare nella luce. È bella la
virtù della speranza; ci dà tanta forza per camminare nella vita” (Udienza
Generale, 28 dicembre 2018). E in questo momento così delicato della nostra
storia, Papa Francesco parla di un altro contagio: il contagio “che si
trasmette da cuore a cuore, perché ogni cuore umano attende questa Buona
Notizia. È il contagio della speranza: ‘Cristo, mia speranza, è risorto!’. Non
si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi. No, la
risurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla
radice del male, una vittoria che non ‘scavalca’ la sofferenza e la morte, ma
le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene:
marchio esclusivo del potere di Dio” (Messaggio
Urbi et Orbi, 12 aprile 2020). Con la Pasqua, abbiamo conquistato “un
diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una
speranza nuova, viva, che viene da Dio” e “immette nel cuore la certezza che
Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita (Sabato
Santo, 11 aprile 2020).
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