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giovedì 7 maggio 2020

LA SPERANZA, UNA VIRTÙ' PICCOLA MA FORTE


- UNA FORTE VIRTÙ PER CAMMINARE SUGLI ARDUI SENTIERI DELLA VITA  -

Papa Francesco è tornato più volte in questo periodo a parlare di speranza, spronandoci a guardare con occhi nuovi la nostra esistenza, soprattutto ora che è sottoposta a dura prova, e guardarla attraverso gli occhi di Gesù, “l’autore della speranza”, affinché ci aiuti a superare questi giorni difficili, nella certezza che il buio si trasformerà in luce

di Maria Milvia Morciano 
- Città del Vaticano

Francesco ha parlato tante volte di speranza, che definisce come “la più piccola delle virtù, ma la più forte. E la nostra speranza ha un volto: il volto del Signore risorto, che viene «con grande potenza e gloria»” (Mc 13 26)” (Angelus, 15 novembre 2015). La speranza quindi non è qualcosa, ma qualcuno, proprio come esclama san Francesco nelle Lodi di Dio Altissimo: “Tu sei la nostra speranza!” (FF 261). Ed “Egli non abbandonerà tutti quelli che sperano in lui” (FF 287; Cfr Sal 33, 23).
Una virtù nascosta, tenace e paziente
“È la più umile delle tre virtù teologali, perché rimane nascosta”, spiega Papa Francesco: “La speranza è una virtù rischiosa, una virtù, come dice san Paolo, di un’ardente aspettativa verso la rivelazione del Figlio di Dio (Rm 8,19). Non è un’illusione” (Omelia di Santa Marta, 29 ottobre 2013). “È una virtù che non delude mai: se tu speri, mai sarai deluso”, è una virtù concreta, “di tutti i giorni perché è un incontro. E ogni volta che incontriamo Gesù nell’Eucaristia, nella preghiera, nel Vangelo, nei poveri, nella vita comunitaria, ogni volta diamo un passo in più verso questo incontro definitivo” (Omelia di Santa Marta, 23 ottobre 2018). “La speranza ha bisogno di pazienza”, proprio come bisogna averne per veder crescere il grano di senape. È “la pazienza di sapere che noi seminiamo, ma è Dio a dare la crescita” (Omelia di Santa Marta, 29 ottobre 2019). La speranza non è passivo ottimismo ma, al contrario, “è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura” (Angelus, 6 settembre 2015).
La speranza prima del cristianesimo
Nel mito di Pandora, dal suo vaso aperto fuoriescono tutte le sciagure per abbattersi sull’umanità. Nel fondo rimane soltanto la speranza che però racchiude in sé qualcosa di oscuro. Il significato del termine greco ἐλπίς è duplice e non riveste un’accezione semplicemente positiva. Elpis è l’attesa del futuro e allo stesso tempo il timore che sia sempre incerto. È una promessa che può anche non realizzarsi mai. Infatti, “non si può sfuggire a ciò che vuole Zeus” (Esiodo, Le opere e i giorni 42-105). “Che cosa è la speranza?” Si dice fosse stato chiesto ad Aristotele. “È sogno di uomo sveglio”, avrebbe risposto (Vite dei filosofi, Diogene Laerzio). Nel mondo romano, la speranza si concretizza nella personificazione di una dea, Spes, che appare associata a Salus e Fortuna, ricevendo una connotazione di natura politica, quale buon auspicio per l’imperatore e di felice sviluppo per l’Impero. E poiché per gli antichi pagani la vita si arrestava sul precipizio dell’Ade, la speranza si legava a bisogni limitati che si cercava di volgere a proprio favore attraverso riti e voti. La vita era segnata dal fato, da un destino ineluttabile. Senza scampo.
La speranza sempre presente nel cuore degli uomini
La speranza è sempre presente in ogni cultura e in ogni epoca e il suo significato aderisce, modellandosi, sul pensiero e sulla cultura dei diversi popoli, nel tempo e nelle latitudini. Tolto il suo significato di virtù teologale nel cristianesimo, il suo concetto diventa inafferrabile, positivo e negativo insieme, basti pensare ai proverbi della saggezza popolare: “la speranza è l’ultima a morire” o “chi di speranza vive disperato muore”. Secondo Giacomo Leopardi, è il bene maggiore dell’uomo perché gli consente di realizzare il piacere anche soltanto nella sua attesa. Categorico il pensiero di Nietzsche che la chiama “virtù dei deboli”. Per Emily Dickinson è un pensiero tenero: “La ‘Speranza’ è una creatura alata – che si viene a posare sull’anima – e canta melodie senza parole – senza smettere mai”. Per Ferdinando Pessoa è una suggestione eterea: “E solo se, mezzo addormentati, senza sapere di udire, udiamo, essa ci dice la speranza cui, come un bambino dormiente, dormendo sorridiamo”.
La virtù bambina di Charles Peguy
I versi più sorprendenti sono senz’altro quelli dello scrittore e poeta francese Charles Peguy ne Il portico del mistero della seconda virtù (1911), un poema cui fa riferimento Papa Francesco quando parla del tratto caratteristico di questa virtù: una bambina che guarda al futuro e che sorprende, con la sua irriducibilità, lo stesso Dio e che parla in prima persona: “La fede che più amo, dice Dio, è la speranza …  Ciò che mi sorprende … è la speranza. E non so darmene ragione. Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla. Questa speranza bambina. Immortale”. “La piccola speranza avanza fra le due sorelle maggiori e su di lei nessuno volge lo sguardo. Sulla via della salvezza, sulla via carnale, sulla via accidentata della salvezza, sulla strada interminabile, sulla strada fra le sue due sorelle la piccola speranza. Avanza”. La Speranza avanza tra le due sorelle maggiori tenendole per mano, ma è lei in realtà che le conduce.
Abramo, uomo di speranza
La Bibbia è tutta permeata di speranza. Abramo “credette saldo nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4,18). Papa Francesco nota come Abramo, in un momento di sfiducia, invece di chiedere il figlio promesso che non arrivava, “si rivolge a Dio perché lo aiuti a continuare a sperare. È curioso, non chiese un figlio. Chiese: ‘Aiutami a continuare a sperare’, la preghiera di avere speranza … Non c’è cosa più bella. La speranza non delude” (Udienza Generale, 28 dicembre 2018).
Giovanni Paolo I: la speranza è una virtù obbligatoria
Durante il suo brevissimo ministero, Giovanni Paolo I dedica alla speranza una catechesi, dove afferma che essa “è una virtù obbligatoria per ogni cristiano” che nasce dalla fiducia in tre verità: “Dio è onnipotente, Dio mi ama immensamente, Dio è fedele alle promesse. Ed è Lui, il Dio della misericordia, che accende in me la fiducia; per cui io non mi sento né solo, né inutile, né abbandonato, ma coinvolto in un destino di salvezza, che sboccherà un giorno nel Paradiso” (Udienza Generale, 20 settembre 1978).
Giovanni Paolo II: i cristiani sono testimoni di speranza
San Giovanni Paolo II invita a riscoprire la virtù teologale della speranza, che "da una parte, spinge il cristiano a non perdere di vista la meta finale che dà senso e valore all'intera sua esistenza e, dall'altra, gli offre motivazioni solide e profonde per l'impegno quotidiano nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto di Dio" (Tertio millennio adveniente). Occorre accogliere il dono dello Spirito Santo che “suscita in noi la certa speranza che nulla "potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,39). Per questo motivo, il Dio rivelatosi nella "pienezza del tempo" in Gesù Cristo è veramente "il Dio della speranza", che riempie i credenti di gioia e di pace, facendoli abbondare "nella speranza per la potenza dello Spirito Santo" (Rm 15,13). I cristiani sono perciò chiamati ad essere testimoni nel mondo di questa gioiosa esperienza, "pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza" che è in loro (1 Pt 3,15).
Benedetto XVI: la speranza cambia la vita
Benedetto XVI dedica alla speranza un’intera enciclica, la Spe Salvi. La descrive come una virtù performativa, capace cioè di “produrre fatti e cambiare la vita”. Nella Lettera ai Romani, san Paolo parla di salvezza nella speranza (Rm 8,24). “La redenzione - scrive Benedetto XVI - ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”. Benedetto XVI indica una testimone di speranza: santa Giuseppina Bakhita, una donna che aveva conosciuto la schiavitù, la violenza, la povertà, l’umiliazione. Una donna che, nell’incontro con Gesù, ha visto rinascere la speranza che poi ha trasmesso agli altri come realtà viva: “La speranza, che era nata per lei e l'aveva ‘redenta’, non poteva tenerla per sé; questa speranza doveva raggiungere molti, raggiungere tutti” (Spe Salvi, 30 novembre 2007).
Papa Francesco: la speranza è luce che vince le tenebre
“La speranza - afferma Papa Francesco - fa entrare nel buio di un futuro incerto per camminare nella luce. È bella la virtù della speranza; ci dà tanta forza per camminare nella vita” (Udienza Generale, 28 dicembre 2018). E in questo momento così delicato della nostra storia, Papa Francesco parla di un altro contagio: il contagio “che si trasmette da cuore a cuore, perché ogni cuore umano attende questa Buona Notizia. È il contagio della speranza: ‘Cristo, mia speranza, è risorto!’. Non si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi. No, la risurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non ‘scavalca’ la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene: marchio esclusivo del potere di Dio” (Messaggio Urbi et Orbi, 12 aprile 2020). Con la Pasqua, abbiamo conquistato “un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio” e “immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita (Sabato Santo, 11 aprile 2020).





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