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sabato 25 gennaio 2020

VENITE DIETRO A ME!

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 4, 12-23

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!  Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Commento di p. Paolo Curtaz

Eccoci
Hanno arrestato il Battista, tira una brutta aria per profeti e affini.
Gesù dovrebbe prudentemente scappare, tornare nel suo buco di paese, a Nazareth.
Meglio non farsi vedere in giro, meglio non essere associato a certe compagnie.
Così faremmo noi. Così farei io.
Non così opera il Figlio dell’uomo che è venuto a gettare il fuoco sulla terra.
Che brucia di desiderio. Che arde.
Non fugge, inizia la sua missione.
Partendo dagli ultimi. Da quelle due parti di Israele, Zabulon e Neftali, fra le prime a soccombere alla protervia delle nazioni, ad opere degli Assiri, sei secoli prima.
Una terra meticcia, straniera, contaminata, perduta.
Vero.
Ma non è venuto esattamente per salvare chi è perduto, il Signore?
E, oso, per chi nemmeno sa più di esserlo?
Abita le tenebre, la luce. Viene a rischiararla.
Pagina che mi scuote, che mi spinge. In questo nostro tempo in cui corriamo il rischio di scoraggiarci, di chiuderci dentro le nostre sacrestie, in cui ci sentiamo ignorati, sviliti, Gesù propone un’alternativa: svegliati, reagisci, esci, riparti, osa.
Seguiamo il Maestro, andiamo ad abitare là dove non c’è nemmeno più speranza.
Torniamo ad essere illuminati, per portare luce.
Accorgetevi
Parla, il Maestro. Inizia a dire.
Parla, la Parola.
E sono parole che consolano e scuotono.
Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino.
Dio ti si è fatto vicino, è venuto lui, lui viene da te. Accorgitene. Solleva lo sguardo. Svegliati.
È qui, Dio. Smettila di piangerti addosso. Finisci di lamentarti.
È qui, non lo vedi? Allora cambia direzione, cambia strada, ferma l’auto che altri conducono e prendi il tuo posto al volante della tua vita e inverti la rotta. Guidala verso il Signore.
Prega, ama, medita, opera.
Svegliati. Non aspettare che altri lo facciano per te. Nemmeno Dio.
Tuo è il sangue che serve per le analisi. Nessuno si può sostituire a te.
Allora, dice il Signore, datti una mossa.
Dobbiamo annunciare il Vangelo. A volte anche con le parole.
Meglio se con le nostre scelte.
Discepoli
Vede due fratelli. Poi altri due.
Sembrano pescatori, sono identificati, come noi, da ciò che fanno.
Ma lo sguardo di Gesù è diverso, vede oltre, legge oltre l’apparenza.
Simone il cocciuto non sa ancora di essere Pietro. Giovanni non sa ancora di essere un boanerghes, capace di far tuonare la Parola.
Nemmeno noi sappiamo bene cosa siamo finché non ci mettiamo alla sequela del Signore, finché non abbiamo il coraggio di lasciare tutto, di osare, di credere, di vedere anche noi ciò che Dio solo vede. Il meglio di noi stessi. Il meglio di me.
Quando scopriamo con che sguardo siamo amati, mettiamo le ali e spicchiamo il volo.
Venite dietro di me, ci ripete, oggi, il Signore. Anche se non ne siamo degni, anche se abbiamo affondato i nostri sogni nel profondo del mare dell’abitudine, anche se ci siamo rasseganti a restare con le reti vuote.
Venite dietro di me, ci dice colui che ci conosce fino in fondo.
Il solo, forse, che ci conosce. Il solo che ci ama senza condizioni, senza misura, senza tentennamenti.
Si fida di noi, di me. Potrebbe farne a meno, ma chiede il nostro aiuto. Il mio.
Siamo fragili, certo. E inadeguati.
 Paolo rimprovera e scuote i suoi fratelli nella fede. Si dividono in gruppi, in caste, seguono ognuno un guru invece di ascoltare il Maestro.
Siamo credenti credibili se abbiamo il coraggio di lasciar prevalere il Signore nelle nostre azioni. Se usciamo dalle nostre piccole logiche per bruciare d’amore come il Cristo.
Il Regno
Venite dietro di me.
Per raccontare l’essenziale.
Poche frasi, pochi concetti. Dio si è fatto presente, si è reso accessibile, è vicino, si fa vicino, accorgitene, convertiti. Cioè: cambia sguardo, prospettiva, direzione, opinione.
Cambia perché Dio è diverso e la tua vita è diversa, tu sei diverso.
Il Regno si è fatto vicino, è a portata di mano.
Il Regno che è la scoperta dell’amore come unica e somma legge che regola l’Universo e le nostre vite. L’amore che regge ogni cosa. E l’amore, allora guarisce. Gesù parla e la sua Parola guarisce, mi guarisce, ci guarisce.
Perché è una Parola creativa, nuova e inattesa, gravida e feconda.
Così cominciamo questo anno.
Da discepoli.
Venite dietro di me.
Eccoci, Signore, se ancora ci vuoi,
fragili e deboli, feriti e claudicanti, eccoci.
Pronti a raggiungere le periferie che tu ami abitare, perché, buon Dio!, le conosciamo così bene quelle periferie! Ci abbiamo vissuto da tempo. Le abbiamo esplorate, ci abitano, ci danno identità.
Eccoci, Signore, fragili come Pietro e Andrea, come Giacomo e Giovanni, eppure ancora disposti a diventare pescatori di umanità, a far germogliare tutta l’umanità che portiamo nel cuore e che tu hai onorato e santificato diventando uomo.
Eccoci.


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