di Matteo
Nucci
Scuola: sostantivo femminile derivato dal greco
scholè, tempo libero.
Da Platone a Aristotele, i greci antichi esaltarono
con costanza e fermezza la scholè. Solo nel tempo libero dalle necessità
materiali, ovvero dagli impegni decisivi a procacciarsi di che vivere, è
possibile occuparsi della propria anima, costruire la propria personalità,
ragionare, imparare, crescere.
Opposto al tempo libero della scholè stava dunque il lavoro, considerato come
una semplice mancanza. E per questo definito per mezzo di quella lettera con
cui la lingua greca nega ciò che segue: l’alfa privativa. L’a-scholìa era il
tempo necessario a produrre, il tempo del lavoro attraverso cui ci guadagniamo
il pane. Un tempo che si deve limitare il più possibile perché ciò che importa
nelle nostre esistenze è il tempo che ci è dato da vivere e di quel tempo solo
il minimo indispensabile deve essere impiegato per lavorare, produrre, far
soldi.
Nella quiete della scholè, gli esseri umani
sviluppano ciò che è più importante: il senso critico. Nel tempo libero, essi
possono chiedersi se esista un altro modo per fare ciò che fanno
quotidianamente, se sia giusto quel che hanno imparato, se forse un’altra
strada sia possibile.
Interrogarsi, criticare. Perché la crisi è ciò che
conta. Ossia, la krisis, la scelta, la decisione, il bivio che ci consente di
cambiare strada.
La scuola, dunque, è quel luogo fisico e ideale dove
ci dedichiamo a noi stessi per crescere e ragionare fuori da qualsiasi
necessità materiale.
La scuola è il luogo del ragazzo che non lavora. La scuola
è lo spazio mentale dell’adulto che continua a chiedersi perché.
In un tempo dominato dallo spirito protestante del
lavoro, del denaro e della produzione a ogni costo, un tempo in cui si è
addirittura drogati di lavoro (workaholic) e incapaci di vivere il tempo
libero, è facile capire perché la scuola venga sempre per ultima e semmai la si
consideri come un semplice momento di preparazione al lavoro.
Ma nessun cambiamento è possibile senza quello che è
sempre stato il cuore della nostra civiltà: il senso critico. Ripartire dalla
scuola significa questo.
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