CENSIS, UN RAPPORTO
CHE
DEVE FARCI RIFLETTERE
E
RIMBOCCARCI LE MANICHE
CHE
DEVE FARCI RIFLETTERE
E
RIMBOCCARCI LE MANICHE
- di Giuseppe Savagnone
Uno specchio dell’ansia
La pubblicazione, in questi giorni, del 53esimo Rapporto
annuale del Censis, intitolato «La società italiana al 2019», costituisce per
il nostro Paese uno specchio in cui guardarsi. E va detto subito con franchezza
che non c’è molto di cui rallegrarci.
A preoccupare soprattutto è il clima di ansia che, secondo il
69% della popolazione, caratterizza il popolo italiano. Sta di fatto che, nel
giro di tre anni (2015-2018), il consumo di ansiolitici e sedativi è aumentato
del 23% e a farne uso sono ormai 4,4 milioni di italiani (800.000 di più di tre
anni fa).
Incertezza e diffidenza
Alla radice c’è il sentimento che, secondo il Censis, è oggi
dominante nel nostro Paese, che è l’incertezza. È ormai il terzo anno che lo
stato d’animo diffuso viene sintetizzato con un termine a dir poco inquietante.
Nel 2017 la parola chiave della fotografia dell’Italia
emergente nel Rapporto era «rancore» e nel 2018 «cattiveria». L’insicurezza si
collega a questi atteggiamenti precedenti come loro effetto. Se si è risentiti
e arrabbiati, si tende a dubitare di tutto e di tutti.
Non stupisce, allora, che secondo il Censis il 75% delle
persone non si fidi degli altri, visti più una minaccia che come una risorsa e
una possibilità di relazione umana. E il 49%
degli intervistati riferisce di aver subìto nel corso dell’ultimo anno,
in luoghi pubblici, insulti, spintoni e altri atti di prepotenza; il 44% si sente insicuro quando cammina nelle
vie che frequenta abitualmente; il 26% racconta di avere litigato con qualcuno
per strada.
Il timore di essere
declassati
Ci sono certamente, in questo quadro allarmante, componenti
di ordine materiale che giocano pesantemente. La forbice tra ricchi e poveri si
allarga ogni giorno e chi stava in mezzo teme di essere risucchiato dalla parte
sbagliata. Così, secondo il Rapporto, il 64% degli imprenditori e dei liberi
professionisti teme un declassamento. Più in generale, la stagnazione
dell’economia viene percepita come un destino pressoché ineluttabile dal 74%
degli intervistati. E sono i più ottimisti, perché il 26% prevede una nuova
recessione.
L’illusorio aumento dei
posti di lavoro
Si potrebbe obiettare che un segno di speranza viene dal
fatto che, rispetto al 2007, nel 2018 ci sono stati 321.000 occupati in più:
+1,4%, e che anche nei primi sei mesi di quest’anno si registra aumento dello
0,5%. Ma è un motivo di consolazione illusorio, perché questo scarto positivo
è, in realtà, il risultato di una riduzione di 867.000 occupati a tempo pieno e
del concomitante aumento di 1 milione e 200.000 occupati a part time.
E proprio il part time, nel periodo 2007-2018, è aumentato
del 38%. Oggi un lavoratore ogni cinque ha un impiego a tempo parziale. E
quello involontario, che nel 2007 riguardava il 38,3% del totale dei lavoratori
part time, nel 2018 rappresenta il 64,1%, con un aumento, tra i giovani del 71,6%.
Denatalità ed esodo
Da qui anche la poca voglia o la poca possibilità di fare
figli. Dal 2015 i cittadini italiani sono diminuiti di 436.066 unità,
nonostante l’incremento di 241.066 stranieri residenti. Nel 2018 le nascite
sono state 18.404 in meno rispetto al 2017.
Ma sulla diminuzione della popolazione giovanile hanno un
effetto anche le emigrazioni verso l’estero: in un decennio più di 400.000
cittadini italiani 18-39enni hanno abbandonato l’Italia, cui si sommano gli
oltre 138.000 giovani con meno di 18 anni.
Per non parlare della Pubblica Amministrazione, che riscuote
la fiducia solo del 29% degli italiani. Nell’Unione europea (valore medio: 51%)
sono peggio di noi solo Grecia e Croazia.
Non possono non tornare alla mente, davanti a questo quadro,
le altisonanti promesse dei leader politici che hanno inaugurato la Seconda
Repubblica, e ora la Terza, in sprezzante contrapposizione alla Prima….
La sfiducia (motivata, purtroppo) nella democrazia
Ma la nota più allarmante del Rapporto è quella che riguarda
gli atteggiamenti di fondo a cui questa situazione di incertezza diffusa dà
luogo. E’ significativo che il 76% degli italiani non abbia fiducia nei partiti
(e la percentuale sale all’81% tra gli operai e all’89% tra i disoccupati) e il
48% ritenga che ci vorrebbe un «uomo forte al potere» che non debba
preoccuparsi di Parlamento ed elezioni (e il dato sale al 56% tra le persone
con redditi bassi, al 62% tra i soggetti meno istruiti, al 67% tra gli operai).
Una sfiducia nella democrazia che trova purtroppo conferma
nello squallido scenario di partiti al governo che sembrano misconoscere la più
elementare grammatica della gestione della cosa pubblica – ma anche della
semplice correttezza istituzionale – e passano il tempo a fare campagna
elettorale, litigando tra loro.
Come del resto aveva fatto il più consistente di quelli ora
all’opposizione, quando era al potere. È del tutto assente l’idea che la
politica ha come obiettivo il perseguimento del bene comune e non una continua
spettacolarizzazione finalizzata all’accrescimento dei consensi per la propria
fazione.
Diritti senza responsabilità
Se poi dal discorso strettamente politico passiamo a quello
dei valori sottostanti, la situazione è ancora più drammatica. La “sinistra”,
orfana del marxismo e del suo impegno nel sociale, da tempo si è concentrata
sulla difesa indiscriminata dei diritti degli individui, a prescindere dai
doveri e dalle responsabilità che questi diritti dovrebbero comportare in una
dimensione comunitaria.
Ricordiamo tutti la senatrice del Pd Cirinnà, notissima per
aver promosso la legge oggi in vigore sulle unioni civili, che l’8 marzo
scorso, per rivendicare i diritti delle donne, in polemica col convegno di
Verona sulla famiglia, si è fatta fotografare mentre brandiva un cartello con
la scritta: «Dio – patria – famiglia: che vita de merda!».
Una dissacrazione offensiva.
E suicida
Il riferimento dissacrante alla religione, peraltro, continua
ad essere una nota distintiva della cultura “di sinistra”. Proprio in questi
giorni una festa, organizzata, in opposizione a Salvini, da vari collettivi
studenteschi dell’Università di Bologna due giorni prima della festività
cattolica dell’Immacolata concezione, si intitolava «Immacolata
Con(trac)cezione» e veniva propagandata con una locandina blasfema in cui era
rappresentata la Madonna contornata, invece che da angeli, da preservativi.
Al pari della Cirinnà, anche questi ingegnosi e lungimiranti
oppositori della Lega, assicurano che la loro è stata solo una «provocazione».
Qualcuno prima o poi dovrebbe spiegare loro che non solo
offendere la sensibilità e la coscienza di altre persone è una parodia della
libertà, ma anche che non c’è favore più grande per la “destra” che quello di
spingere con gesti simili l’elettorato cattolico – o comunque affezionato alla
tradizione cattolica – nelle sue braccia.
La strumentalizzazione della
fede
A questo elettorato, infatti, Salvini fin dall’inizio ha
cercato – con successo – di presentarsi come il rappresentante dei valori
cristiani, di fatto ampiamente traditi dalla sua linea politica, ma sbandierati
con l’esibizione reiterata di simboli religiosi e con l’appello a tutti i santi
del Paradiso.
Alla ricerca dell’anima
Qui quello che sembra venuto meno non è solo la sicurezza
psicologica, l’aumento del Pil, il lavoro: è l’anima del nostro Paese, che non
deve certo essere necessariamente cattolica – anche se lo è stata per secoli,
fino agli anni recenti del secondo dopoguerra – , ma che non può certo venire
espressa da questa perversa oscillazione tra due forme opposte di violenza,
quali sono quella della dissacrazione e quella della strumentalizzazione.
L’Italia è dunque destinata, nel vuoto di valori autentici,
all’alternativa tra l’ascesa al potere di un «uomo forte», l’affermazione della
sicurezza senza rispetto delle persone, l’esibizione dell’apparenza della
religiosità, e il caos in cui gli individui perseguono senza limiti i loro
pretesi “diritti”?
Segni di speranza, malgrado tutto
No. Personalmente non perdo la fiducia che ci siano nel
nostro Paese tante risorse culturali, etiche, politiche in grado di uscire
dalla terribile strettoia che il Rapporto del Censis e le cronache di ogni
giorno sembrerebbero prospettare. Lo stesso Rapporto ne fornisce degli spunti
significativi, quando sottolinea che molti italiani suppliscono al quadro deficitario
dell’Italia di questi giorni. «Fino ad oggi», vi si dice, «ha vinto il furore
di vivere degli italiani che hanno messo in campo stratagemmi individuali per
la difesa del futuro», stratagemmi che il Rapporto definisce «muretti a secco»,
barriere modeste ma solide di contenimento della caduta del Paese.
E del resto, nota il Censis, gli italiani che prestano
attività gratuite in associazioni di volontariato sono aumentati del 19,7%
negli ultimi dieci anni. Esistono ancora delle riserve di generosità, di
fiducia negli altri, di speranza, che devono però riversarsi nella politica
invece di restare confinate nel sociale.
Il movimento delle “Sardine” potrebbe forse costituire un
segnale in questa direzione. E noi possiamo e dobbiamo fin da ora rimboccarci le
maniche perché il prossimo Rapporto del Censis ci offra un’immagine del nostro
Paese meno deprimente.
Nessun commento:
Posta un commento