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martedì 1 ottobre 2019

IL CROCIFISSO A SCUOLA. UNA PRESENZA CHE "PARLA" DI AMORE E DI FRATERNITA'

IL CROCIFISSO PARLA CHIARO 
ANCHE NELLE AULE DI SCUOLA

Una nota di “Avvenire” dopo alcune dichiarazioni del ministro Fioramonti

Il crocifisso nelle aule scolastiche? Meglio di no, perché «è una questione divisiva», perché «la scuola deve essere laica», perché «tutte le culture» hanno diritto di «esprimersi». 
Così, inanellando a sorpresa ben tre luoghi comuni in una sola dichiarazione radiofonica, il ministro a 5 stelle dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha rispolverato una questione felicemente risolta da due pronunciamenti del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte Costituzionale e una della Grand Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. 
Eppure il ministro sostituirebbe volentieri il crocifisso in aula con «una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione». 
Ma, al di là dei verdetti e visto che parliamo di scuola, bisognerebbe interrogarsi su come una delle radici culturali della nostra civiltà (italiana ed europea), nonché simbolo della fratellanza universale possa essere divisivo o far sentire altre culture nelle condizioni di non potersi liberamente esprimere. La risposta è semplice: in nessun modo. 
Con una postilla: a riaprire certe 'pratiche' si rischia soltanto di dare fiato proprio a coloro che quel simbolo di sconfinato amore e di pace vorrebbero usare, impropriamente, a guisa di randello.



Nella sentenza n. 556, il Consiglio di Stato afferma che il crocifisso deve restare nelle aule scolastiche non perché sia un “suppellettile” o un “oggetto di culto”, ma perché “è un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili” (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, etc…) che hanno un’origine religiosa, ma “che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato”.




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