IL CROCIFISSO PARLA CHIARO
ANCHE NELLE AULE DI SCUOLA
ANCHE NELLE AULE DI SCUOLA
Una nota di “Avvenire” dopo alcune dichiarazioni del ministro Fioramonti
Il crocifisso nelle aule scolastiche? Meglio di no,
perché «è una questione divisiva», perché «la scuola deve essere
laica», perché «tutte le culture» hanno diritto di «esprimersi».
Così,
inanellando a sorpresa ben tre luoghi comuni in una sola
dichiarazione radiofonica, il ministro a 5 stelle dell’Istruzione, Lorenzo
Fioramonti, ha rispolverato una questione felicemente risolta da due
pronunciamenti del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte
Costituzionale e una della Grand Chambre della Corte Europea dei diritti
dell’uomo di Strasburgo.
Eppure il ministro sostituirebbe volentieri
il crocifisso in aula con «una cartina del mondo con dei richiami alla
Costituzione».
Ma, al di là dei verdetti e visto che parliamo di scuola,
bisognerebbe interrogarsi su come una delle radici culturali della nostra
civiltà (italiana ed europea), nonché simbolo della fratellanza universale
possa essere divisivo o far sentire altre culture nelle condizioni di non
potersi liberamente esprimere. La risposta è semplice: in nessun modo.
Con una
postilla: a riaprire certe 'pratiche' si rischia soltanto di dare fiato proprio
a coloro che quel simbolo di sconfinato amore e di pace vorrebbero usare,
impropriamente, a guisa di randello.
Nella sentenza
n. 556, il Consiglio di Stato afferma che il crocifisso deve restare nelle aule
scolastiche non perché sia un “suppellettile” o un “oggetto di culto”, ma
perché “è un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori
civili” (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona,
affermazione dei suoi diritti, etc…) che hanno un’origine religiosa, ma “che
sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello
Stato”.
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