Conversione
e missione: così il Vangelo può salvare i popoli e la terra dell’Amazzonia
Il filo rosso che
attraversa il documento finale del Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia
di ANDREA
TORNIELLI
«Abbiamo la nostra visione
del cosmo, il nostro modo di guardare il mondo che ci circonda. La natura ci
avvicina di più a Dio. Ci avvicina guardare il volto di Dio nella nostra
cultura, nel nostro vivere. Noi come indigeni viviamo l’armonia con tutti gli
esseri viventi… Non indurite il vostro cuore, dovete addolcire il vostro cuore.
Questo è l’invito di Gesù. Ci invita a vivere uniti. Crediamo in un solo Dio.
Dobbiamo restare uniti. Questo è quello che noi desideriamo come indigeni.
Abbiamo i nostri riti, però questo rito deve incardinarsi nel centro che è Gesù
Cristo».
Una delle testimonianze
più forti e più vive, tra quelle ascoltate dai partecipanti al Sinodo dei
vescovi dell’Amazzonia, l’ha offerta Delio Siticonatzi Camaiteri, membro
del popolo Ashaninca. Ancora una volta si è verificato ciò che più volte Papa
Francesco ha insegnato con il suo magistero: si esce per annunciare il Vangelo
ed essere vicini ai più poveri, agli scartati e agli indifesi non per “portare”
qualcosa ma innanzitutto per essere evangelizzati, cioè per incontrare il volto
del Dio di Gesù Cristo nei volti di questi nostri fratelli.
Il documento finale del
Sinodo, frutto del discernimento comune dei vescovi dell’Amazzonia e di altre
parti del mondo radunati dal Successore di Pietro, presenta il filo rosso di
una triplice conversione: ecologica, culturale e sinodale. Una triplice
conversione per realizzarne una quarta, quella pastorale, al fine di annunciare
con rinnovato slancio missionario il Vangelo di Gesù Cristo in queste
terre. Infatti, a fondamento di queste quattro conversioni - sottolinea il
documento - c’è «l’unica conversione al Vangelo vivente, che è Gesù
Cristo».
I drammi che vive
quell’immenso e poco popolato territorio, attraversato da fiumi e ricco di
biodiversità, definito nel documento “cuore biologico” del pianeta, sono un
esempio dei drammi che viviamo in questo tempo. I cambiamenti climatici, la
deforestazione, il depredamento rapace delle risorse, l’abbandono in cui vivono
i popoli autoctoni, le sfide rappresentate dalla crescita delle periferie delle
metropoli, le migrazioni interne ed esterne, le violenze perpetrate sui più
deboli. Tutto ciò sfida i cristiani e li richiama alle loro responsabilità.
Dal documento finale
emerge chiaramente la necessità di un cambio di passo, che non potrà mai essere
frutto di strategie di marketing missionario o soltanto di nuove strutture
ecclesiali. C’è bisogno di tornare alla sorgente, a quel “centro” testimoniato
con passione da Delio. L’Amazzonia ha bisogno innanzitutto della sovrabbondanza
della grazia, di uomini e donne che amano Gesù e lo scoprono nei volti, nei
drammi, nelle ferite dei popoli dimenticati e sfruttati.
Tutto ciò che nel testo
consegnato dai vescovi al Papa viene suggerito - dalla nascita di reti
ecclesiali per le comunità amazzoniche all’istituzione di specifici organismi
per radunare i vescovi della regione, dalla proposta di nuovi ministeri laicali
per le donne che rappresentano le vere colonne di molte comunità all’invito
rivolto alle congregazioni religiose perché mandino missionari in quelle terre,
la necessità di inculturare meglio nella liturgia le tradizioni e le lingue dei
popoli autoctoni, fino alla proposta di rilanciare il diaconato permanente
studiando anche la possibilità di arrivare all’ordinazione sacerdotale di diaconi
permanenti sposati - trova un suo contesto e una sua luce in quella conversione
che Francesco ha proposto fin dall’inizio del suo pontificato con
l’esortazione Evangelii gaudium.
Il Sinodo che si conclude
dopo aver ascoltato il grido dei popoli amazzonici non è stato un incontro
“politico”: è stato invece un evento ecclesiale, in ascolto dello Spirito
Santo, per cercare nuovi cammini di evangelizzazione, nella consapevolezza che
tutto è connesso e che per i cristiani l’interesse e la preoccupazione per la
salvaguardia dei poveri e degli scartati, per la cura e la difesa del creato
che Dio ha affidato alla custodia degli uomini, non è un optional, ma
scaturisce dal cuore della nostra fede.
Infine, da questo Sinodo
giunge un appello all’unità di tutta la Chiesa, a camminare insieme, guidati
dallo Spirito Santo. È l’appello che viene da Delio, dagli indigeni
dell’Amazzonia: «Non indurite il vostro cuore … Questo è l’invito di Gesù. Ci
invita a vivere uniti … Dobbiamo restare uniti … nel centro che è Gesù Cristo».
Vatican News
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