di Stefania Macaluso *
Riaprono le scuole e riprende il ciclo
formativo di scolari e studenti. L’intera Nazione, come avviene in ogni altro
Stato progredito, guarda all’istituzione scolastica come ad un perno
fondamentale del proprio sistema.
Tutti noi nutriamo aspettative e
apprensioni riguardo al suo buon funzionamento, nel rispetto della Costituzione
che garantisce i capisaldi strutturali della scuola pubblica, libera, laica e
inclusiva.
A partire da quest’anno l’ormai decaduto
governo aveva previsto l’introduzione “Educazione Civica” come disciplina di
insegnamento, norma che è stata però rinviata a causa di ostacoli burocratici,
e d’altro canto non avrebbe comportato novità, se non di natura organizzativa,
dato che in realtà già da anni è in vigore l’insegnamento denominato
“Cittadinanza e Costituzione” finalizzato ad educare alla “cittadinanza attiva”
attraverso i contenuti dell’educazione civica.
Nella Repubblica Italiana il sistema
scolastico democratico implica infatti l’obiettivo, trasversale ad ogni
disciplina, dell’educazione civica, cioè di quei contenuti di conoscenza che, a
partire dalla nostra Costituzione, declinano la vita del Paese in tutti i suoi
ambiti.
Ogni insegnamento, in qualunque ordine e
grado di istruzione, deve corrispondere al dettato costituzionale che prevede
una scuola pubblica libera e laica in grado di garantire la formazione di
uomini e donne responsabili nel loro agire e maturi nella loro coscienza
civica.
Pubblica,
libera, laica, inclusiva
La scuola è pubblica e
pertanto l’esercizio educativo ha un orizzonte di condivisione e di trasparenza
espresso nella programmazione didattico-educativa concordata tra le componenti
della comunità scolastica nei contenuti e nelle finalità che devono convergere
verso l’obiettivo ultimo di formare cittadini e cittadine in grado di sostenere
e arricchire il sistema democratico stesso in tutte le sue manifestazioni
materiali e ideali.
A tale scopo le istituzioni scolastiche
sono chiamate alla rendicontazione sociale che in atto trova la sua forma nel
“Piano dell’Offerta Formativa”. Si tratta di misure che il sistema di
formazione italiano ha recepito, nel corso degli ultimi decenni, concordemente
con le direttive europee, implementando le capacità organizzative delle
istituzioni scolastiche, alla luce di una pedagogia “ecologica” ispirata a
visioni rispondenti alla complessità della realtà attuale, tra cui non si può
non citare il contributo di personalità come Edgar Morin che tanto hanno
favorito la crescita unitaria dell’Europa.
La scuola è libera in
quanto laica, avendo guadagnato, grazie alle garanzie
costituzionali, lo svincolo da ogni presidio autoritario politico o religioso.
La laicità garantisce l’ammissibilità nel dibattito educativo di qualunque
opinione, tesi, fonte documentale e testimoniale.
Attiene alla competenza e alla
deontologia dei docenti fornire adeguati strumenti interpretativi, favorire lo
sviluppo delle appropriate capacità ermeneutiche, sostenere il clima di scambio
arricchente delle idee e delle opinioni.
La scuola è inclusiva per
sua stessa natura, in quanto gli ideali di democrazia, giustizia, equità che
sono a fondamento della nostra Costituzione, trovano piena rispondenza nel
patrimonio culturale, artistico e spirituale che ha reso grande il nostro Paese
e che i docenti sono tenuti a trasmettere alle nuove generazioni.
Le interferenze esterne
Date queste premesse, la scuola non
risulta affatto terreno “neutro”, permeabile a qualsiasi interferenza, seppure
istituzionale.
Nel nostro sistema democratico infatti la
scuola, e chi vi insegna, godono di autonomia garantita dagli articoli 33 e 34
della Costituzione; neppure il metodo di insegnamento risulta suscettibile di
interferenze rispetto ai valori democratico-costituzionali.
La responsabilità educativa riguardo alla
formazione dei cittadini e delle cittadine di domani, infatti, consiste, nelle
sue premesse di fondo, nell’individuazione, da parte degli educatori, dei
parametri ideali e comportamentali sulla base dei quali studenti e studentesse
imparano a orientarsi per le scelte di metodo e di contenuto, nell’alveo della
nostra cultura democratica, attraverso la quale, crescendo, esprimono la loro
personalità civica.
Educazione
allo spirito critico e all’identità
A tale scopo nelle nostre scuole
insegniamo l’esercizio del dubbio, non la presunzione della verità. Insegniamo
che, per fondamento costituzionale, la sovranità è del popolo e non può essere
delegata ad altri soggetti perché allora saremmo sudditi. Insegniamo a
riconoscere e coltivare la bellezza, premessa all’esercizio del bene che nel
linguaggio elevato e gentile trova la sua prima forma di espressione, contro
quello becero e di odio.
Insegniamo la cooperazione come
condizione del progresso, piuttosto che la competizione individualistica.
Insegniamo che la produttività deve rispondere a criteri ambientalisti e a fini
di benessere comune alieni da ogni forma di sfruttamento delle risorse e delle
persone.
Insegniamo che amor di Patria è cosa ben
diversa dal nazionalismo implicante discrimine sociale, etnico o di qualunque
altra nefasta matrice. Insegniamo il sano orgoglio identitario per cui tifiamo
per i nostri campioni negli stadi e portiamo nel mondo la bandiera del nostro
Paese fatto di porti aperti, di confini come varchi di interscambio, di
molteplicità di dialetti e di culture.
A questo spirito patriottico è improntata
la formazione dei nostri studenti che si distinguono nel mondo per tale
identità accogliente, aperta, in grado di riconoscere e valorizzare come
risorsa la bellezza della diversità.
Tutto ciò costituisce l’anima della
politica democratica e spetta alla scuola educare ad essa i cittadini e le
cittadine di domani. Dunque la scuola è il luogo precipuo per la formazione
politica.
Un Paese deve poter contare sulla
chiarezza dei termini di tale responsabilità grazie alla quale si possano
coniugare libertà di insegnamento e formazione identitaria di un popolo,
obiettivo fondamentale del sistema nazionale di istruzione. Sminuire uno solo
di questi poli incrina la formazione generazionale, indebolisce la forma
mentis democratica, mette a rischio la stabilità stessa dell’unità
nazionale.
Le
ingerenze già subite
Purtroppo il rischio di un dissesto del
processo educativo in tali direzioni nella nostra Repubblica è palese, avvilita
com’è da urgenze irrisolte e da dilagante regressione culturale. Le ingerenze
nel delicato equilibrio dell’autonomia scolastica, che sono sintomo di tale
malessere, da qualunque parte provengano, sono da considerare una grave
minaccia per la stabilità democratica.
In questi termini preoccupano i
provvedimenti restrittivi o, peggio, sanzionatori, messi in atto nel clima del
precedente governo nei confronti di insegnanti “sospettati” di non essere
allineati con le scelte e gli orientamenti politici di qualche esponente di governo,
si pensi al caso paradossale in cui è incorsa la professoressa Rosa Maria
Dell’Aria.
Sconcertante poi il caso della sindaca di
Monfalcone che ha deciso di bandire determinati quotidiani (“Avvenire” e “Il
Manifesto”) dalla biblioteca comunale e di istituire uno “sportello riservato”
al quale studenti e genitori potranno rivolgersi per segnalare insegnanti “di
sinistra” (perché poi non anche “di destra”?).
A preoccuparsi dovrebbero essere prima di
tutto i cittadini di quel Comune che vedono limitare il loro accesso
all’informazione nella loro pubblica biblioteca e assistono alla
stigmatizzazione arbitraria nei confronti di educatori delle loro scuole,
quando invece ogni questione didattico-educativa va affrontata a partire dalla
relazione tra le varie componenti delle comunità scolastiche, alla luce del
“Patto di corresponsabilità educativa”.
Ognuno di noi, in qualunque schieramento
politico si collochi, dovrebbe sentirsi molto preoccupato per l’ingerenza nei
confronti delle istituzioni scolastiche da parte di altro potere istituzionale;
ciò stravolge infatti gli equilibri all’interno delle corrette dinamiche
educative e viola le autonomie degli organi collegiali che già prevedono al
loro interno criteri di vigilanza e misure correttive secondo i vari gradi di
competenza gerarchico- istituzionale.
Casi deplorevoli e inaccettabili di
propaganda partitica, di limitazione del corretto confronto di idee, di
strumentalizzazione dei contenuti disciplinari, là dove si dovessero
verificare, dovranno rispondere a misure ispettive ed eventualmente
sanzionatorie già ampiamente previste, non certo all’improvvisazione arbitraria
di un amministratore locale.
L’autonomia
educativa è fondamentale per la democrazia
Aldilà degli episodi citati, che speriamo
restino isolati e sottoposti ad adeguata verifica di legittimità da parte degli
organi competenti, nella nuova “stagione” governativa –che si definisce di
svolta – si impone l’amara constatazione della distorsione nell’opinione
pubblica a seguito di simili ingerenze anomale che tendono a una lenta e
insinuante destrutturazione della cultura democratica.
Da insegnante so bene che la scuola
italiana è lontana dal tradire la sua identità culturale e costituzionale e che
può contare su un esercito di insegnanti pienamente padroni delle metodologie
che consentono loro di insegnare nel rispetto degli specifici statuti
ermeneutici delle singole discipline; da insegnante tuttavia so anche che la
storia ci mette in guardia dal ritenere che le tutele democratiche e
costituzionali siano una garanzia perenne.
Auspichiamo che il nuovo ministro
Fioramonti si adoperi perché sia restituita alla dimensione educativa un
respiro alto affinché la scuola italiana resti pubblica, libera, laica e
inclusiva; tali prerogative vanno ritenute ideali di Patria che ogni cittadino
e cittadina deve coltivare e difendere, avendo chiaro che la scuola è baluardo
di democrazia, premessa di sviluppo, certezza per il futuro di libertà dei
nostri figli.
*Coordinatrice
Ufficio Scuola Diocesi di Palermo
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