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sabato 7 settembre 2019

CARA SCUOLA, VA' DOVE TI PORTA IL CUORE

Il nuovo libro della scrittrice Susanna Tamaro 

Una sentita e argomentata critica 
del sistema educativo italiano 
destinata a far discutere... 
partendo da don Milani

di FULVIO PANZERI

Di fronte all’urgenza educativa che presenta la nostra contemporaneità, Susanna Tamaro si pone in una posizione di allarme, non più rimandabile, mettendo in luce il disastro che è avvenuto in questi quarant’anni nella società italiana e che ha avuto ripercussioni forti, laceranti dal punto di vista della cognizione del nostro 'fattore umano'. È un aspetto che le sta molto a cuore e vive con passione, convinta che non sia possibile arrendersi, che ci siano possibilità per cambiare, per trovare un punto di svolta che possa rappresentare una sorta di «salvezza educativa» degli uomini, ma anche dell’intera nostra società. Proprio questa 'passione' le permette di scrivere uno dei suoi libri, tra memoir e riflessione, più belli e più intensi, là dove fa appello alla scuola e ai genitori e mostra le ragioni delle debolezze e delle sconfitte giovanili, un tema da lei sempre frequentato, a partire da uno dei suoi primi libri, lancinante dal punto di vista emozionale, la raccolta di racconti Per voce sola, fino alla scrittura per ragazzi da lei sempre frequentata in cui ha anticipato alcuni dei temi presenti in questo suo nuovo lavoro, ad esempio Papirofobia, che le ha permesso attraverso gli incontri che nel corso degli anni ha avuto con i ragazzi, di avere uno sguardo lucido, presente, non falsato sull’infanzia e sulle sue problematiche.
È felice, anche se ardua e coraggiosa come scelta, visti i paralleli che possono scaturire col libro che ha segnato un’epoca, la Lettera a una professoressa di don Milani, la scelta di condurre questa sua narrazione-riflessione proprio attraverso la forma di una lettera in risposta a una professoressa che le racconta il suo disagio educativo, proprio a partire dall’essere irrisa, anche dai colleghi, per una scelta simbolica che lei fa all’inizio di ogni anno scolastico, quasi fosse un tentativo di resistenza all’indifferenza attuale e al contesto di 'scuola-azienda' che si è andato determinando negli ultimi decenni. Infatti lei regala ai suoi alunni, che frequentano un liceo tecnico, una copia delle Lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke.
Anche questo riferimento è simbolico dello spirito di questo libro, perché ne indica la valenza metaforica, la necessità di andare oltre quell’indifferenza che porta alla deriva, con un gesto che è volutamente controcorrente, perché si tratta di un libro che aiuta a riflettere, a porsi delle domande, a continuare a tener viva quell’entità che chiamiamo 'anima' e sulla quale la Tamaro punta molto, per definire sia «il diritto di crescere», sia «il dovere di educare». Scrive: «Così, lei, gentile professoressa, offre ai suoi alunni proprio questa possibilità: scoprire l’esistenza di una realtà a loro per lo più ignota. Per alcuni, forse, quelle pagine così dense saranno fonte di infinita noia, se non di irritazione, ma ad altri regaleranno un raggio di luce capace di illuminare una stanza che fino a quel momento era buia. È durante l’adolescenza, infatti, che l’anima compie uno dei suoi ultimi
tentativi di farsi ascoltare». È proprio questo che la scuola ha perso dal punto di vista educativo, non per suo volere, ma per i cambiamenti burocratici che si sono alternati, in conformità con un devastante cambiamento di prospettiva della società, nell’intendere il fine stesso dell’esistenza. Così la scrittrice adotta un tono, volutamente e giustamente «non politicamente corretto», per essere più incisiva, per dire le cose come stanno, soprattutto per «smascherare » gli errori, che hanno portato a questa destituzione educativa, facendo sì che i ragazzi, nel loro percorso, non siano in grado di attivare la curiosità, di affrontare la fatica anche dei propri limiti, per giungere a una consapevolezza piena.
In questo non esita a raccontare di sé, delle difficoltà del suo percorso di crescita, di come attraverso il dolore, ma anche la possibilità di mettersi continuamente in gioco, ha superato quelli che erano i suoi limiti. Offre così un panorama desolante, ma assolutamente veritiero, di quei paradossi che avvelenano la scuola di oggi: smaschera la proliferazione di 'certificazioni', che spesso sono chieste dai genitori per essere sollevati da una fatica che coinvolge anche loro, non risolvendo il problema; punta il dito contro la legge dettata dai gruppi dei genitori su WhatsApp, dove si consumano quotidianamente processi sommari ben lontani dal dovere educativo; mette in luce le carenze di una «'scuola-supermarket' che, per attirare clienti ormai tali sono considerati gli studenti - è costretta ad inventarsi novità sempre più strabilianti» e che, «se ancora non è caduta nel baratro è solo grazie agli sforzi di tanti professori e di tanti presidi che continuano ad aver chiaro che cosa significhi educare». Allora un’invenzione di Collodi sembra profetica del disastro e si capisce «forse soltanto ora che Il Paese dei Balocchi, tanto agognato da Lucignolo, è diventato realtà», così che «il principe dei diritti è ormai solo quello di divertirsi, con il rifiuto di qualsiasi imposizione, qualsiasi attività che comporti uno sforzo». 
Da lì è necessario ricominciare un percorso educativo che non porti a nascondersi, ma metta in luce il bisogno di «sapersi mettere in ascolto». E in un mondo che «impone ossessivamente la razionalità e la genialità come uniche vie di realizzazione dell’individuo » è necessario «avere il coraggio di riproporre come prioritaria la dimensione del cuore».

Susanna Tamaro, Alzare lo sguardo. Il diritto di crescere, il dovere di educare. Ed. Solferino. Pagine 128. Euro 11,90



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