Una sentita e
argomentata critica
del sistema educativo italiano
destinata a far discutere...
partendo da don Milani
di FULVIO PANZERI
Di fronte all’urgenza educativa che presenta la nostra contemporaneità,
Susanna Tamaro si pone in una posizione di allarme, non più rimandabile,
mettendo in luce il disastro che è avvenuto in questi quarant’anni nella
società italiana e che ha avuto ripercussioni forti, laceranti dal punto di
vista della cognizione del nostro 'fattore umano'. È un aspetto che
le sta molto a cuore e vive con passione, convinta che non sia possibile
arrendersi, che ci siano possibilità per cambiare, per trovare un punto di
svolta che possa rappresentare una sorta di «salvezza educativa» degli uomini,
ma anche dell’intera nostra società. Proprio questa 'passione' le permette di
scrivere uno dei suoi libri, tra memoir e riflessione, più belli e più intensi,
là dove fa appello alla scuola e ai genitori e mostra le ragioni delle debolezze
e delle sconfitte giovanili, un tema da lei sempre frequentato, a partire da
uno dei suoi primi libri, lancinante dal punto di vista emozionale, la raccolta
di racconti Per voce sola, fino alla scrittura per ragazzi da
lei sempre frequentata in cui ha anticipato alcuni dei temi presenti in questo
suo nuovo lavoro, ad esempio Papirofobia, che le ha permesso
attraverso gli incontri che nel corso degli anni ha avuto con i ragazzi, di
avere uno sguardo lucido, presente, non falsato sull’infanzia e sulle sue problematiche.
È felice, anche se ardua e coraggiosa come scelta, visti i paralleli che
possono scaturire col libro che ha segnato un’epoca, la Lettera a una
professoressa di don Milani, la scelta di condurre questa sua
narrazione-riflessione proprio attraverso la forma di una lettera in risposta a
una professoressa che le racconta il suo disagio educativo, proprio a partire
dall’essere irrisa, anche dai colleghi, per una scelta simbolica che lei fa
all’inizio di ogni anno scolastico, quasi fosse un tentativo di resistenza
all’indifferenza attuale e al contesto di 'scuola-azienda' che si è andato
determinando negli ultimi decenni. Infatti lei regala ai suoi alunni, che frequentano
un liceo tecnico, una copia delle Lettere a un giovane poeta di
Rainer Maria Rilke.
Anche questo riferimento è simbolico dello spirito di questo libro,
perché ne indica la valenza metaforica, la necessità di andare oltre
quell’indifferenza che porta alla deriva, con un gesto che è volutamente
controcorrente, perché si tratta di un libro che aiuta a riflettere, a porsi
delle domande, a continuare a tener viva quell’entità che chiamiamo
'anima' e sulla quale la Tamaro punta molto, per definire sia «il diritto di
crescere», sia «il dovere di educare». Scrive: «Così, lei, gentile
professoressa, offre ai suoi alunni proprio questa possibilità: scoprire
l’esistenza di una realtà a loro per lo più ignota. Per alcuni, forse,
quelle pagine così dense saranno fonte di infinita noia, se non di irritazione,
ma ad altri regaleranno un raggio di luce capace di illuminare una stanza che
fino a quel momento era buia. È durante l’adolescenza, infatti, che l’anima
compie uno dei suoi ultimi
tentativi di farsi ascoltare». È proprio questo che la scuola ha
perso dal punto di vista educativo, non per suo volere, ma per i cambiamenti
burocratici che si sono alternati, in conformità con un devastante cambiamento
di prospettiva della società, nell’intendere il fine stesso dell’esistenza.
Così la scrittrice adotta un tono, volutamente e giustamente «non politicamente
corretto», per essere più incisiva, per dire le cose come stanno, soprattutto
per «smascherare » gli errori, che hanno portato a questa destituzione
educativa, facendo sì che i ragazzi, nel loro percorso, non siano in grado di
attivare la curiosità, di affrontare la fatica anche dei propri limiti,
per giungere a una consapevolezza piena.
In questo non esita a raccontare di sé, delle difficoltà del suo
percorso di crescita, di come attraverso il dolore, ma anche la possibilità di
mettersi continuamente in gioco, ha superato quelli che erano i suoi limiti.
Offre così un panorama desolante, ma assolutamente veritiero, di quei paradossi
che avvelenano la scuola di oggi: smaschera la proliferazione di
'certificazioni', che spesso sono chieste dai genitori per essere sollevati da
una fatica che coinvolge anche loro, non risolvendo il problema; punta il dito
contro la legge dettata dai gruppi dei genitori su WhatsApp, dove si consumano
quotidianamente processi sommari ben lontani dal dovere educativo; mette in
luce le carenze di una «'scuola-supermarket' che, per attirare clienti ormai
tali sono considerati gli studenti - è costretta ad inventarsi novità sempre
più strabilianti» e che, «se ancora non è caduta nel baratro è solo grazie agli
sforzi di tanti professori e di tanti presidi che continuano ad aver chiaro che
cosa significhi educare». Allora un’invenzione di Collodi sembra
profetica del disastro e si capisce «forse soltanto ora che Il Paese
dei Balocchi, tanto agognato da Lucignolo, è diventato realtà», così
che «il principe dei diritti è ormai solo quello di divertirsi, con il rifiuto
di qualsiasi imposizione, qualsiasi attività che comporti uno sforzo».
Da lì è
necessario ricominciare un percorso educativo che non porti a nascondersi, ma
metta in luce il bisogno di «sapersi mettere in ascolto». E in un mondo che
«impone ossessivamente la razionalità e la genialità come uniche vie di
realizzazione dell’individuo » è necessario «avere il coraggio di riproporre
come prioritaria la dimensione del cuore».
Susanna
Tamaro, Alzare lo sguardo. Il diritto
di crescere, il dovere di educare. Ed. Solferino. Pagine 128. Euro 11,90
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