L’intervento dell’osservatore vaticano Auza all’Onu di New York:
«Preoccupati dall’insegnamento di ideologie ai bambini», ma «no a
discriminazioni».
Nei giorni scorsi polemiche per una presunta apertura del
Vaticano al farmaco blocca pubertà
di Salvatore Cernuzio
Un pericolo, una minaccia per il futuro - soprattutto dei bambini -, un
passo indietro per l’umanità. Con esplicita durezza la Santa Sede
interviene, tramite l’arcivescovo filippino Bernardito Auza osservatore all’Onu
di New York, contro l’ideologia gender, teoria per cui non esisterebbe alcuna
differenza tra uomini e donne e il proprio sesso si può scegliere e variare a
proprio piacimento.
Un argomento controverso che, ormai da anni, accende dibattiti a
livello politico ed ecclesiale tra chi afferma che tale ideologia neppure
esista e che sia un’invenzione di frange conservatrici della Chiesa, e le ampie
porzioni di cattolici impegnati nel dibattito pubblico che intravedono invece in
tale fenomeno un progetto predefinito mirante alla distruzione della «famiglia
tradizionale» e dell’«ordine naturale» su cui fondare la società e il suo
avvenire, e che cercano pertanto di contrastarne le insinuazioni specie nei
programmi educativi scolastici.
Il Papa in più di un’occasione era intervenuto sulla questione gender,
pronunciando esplicitamente il termine e stigmatizzandolo come «colonizzazione
ideologica». E in più di un’occasione anche monsignor Bernardito Auza aveva
affrontato - en passant - il tema nei suoi discorsi al Palazzo di
Vetro. Quello pronunciato martedì 20 marzo - e riportato ampiamente dal
sito Vatican News - è stato invece un focus approfondito che ha
reso più evidente il punto di vista della Santa Sede a riguardo. In esso
l’arcivescovo ha espresso «preoccupazione per l’insegnamento
dell’ideologia gender ai bambini, in modo che i ragazzi e le ragazze siano
incoraggiati a mettere in discussione, fin dalla più tenera età della loro
esistenza, se sono maschi o femmine suggerendo che il sesso ognuno lo può
scegliere», ma ha ribadito al contempo con forza «la dignità e il diritto
a non essere discriminati di quanti non si sentono rappresentati dal loro sesso
biologico».
Parole forti che giungono a poche settimane dalle polemiche,
fiorite e circoscritte ai consueti circoli cattolici ultraconservatori in
opposizione al pontificato di Francesco, su una presunta “apertura” della Santa
Sede alla triptorelina, farmaco che blocca lo sviluppo della pubertà negli
adolescenti che vivono il disagio della «disforia di genere». “Apertura” data
da una intervista della professoressa Laura Palazzani, membro della Pontificia
Accademia per la Vita, che esprimeva sui media vaticani un parere moderato sul
farmaco e la sua somministrazione, ma che secondo tali circuli minores di
detrattori è da considerare un vero e proprio «tradimento» del Pontefice.
Polemiche a parte, l’arcivescovo Auza - prendendo la parola
all’incontro in questione dal titolo “Uguaglianza di genere e ideologia
gender: proteggere le donne e le ragazze”, promosso dall’Onu per fare il punto
sulla condizione femminile nel mondo e sui loro diritti - ha voluto
ripercorrere quasi cronologicamente i pronunciamenti di Jorge Mario Bergoglio
sulla questione. A cominciare dalla esortazione post-sinodale Amoris
laetitia, che al paragrafo 56, afferma che l’ideologia gender, negando «la
differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna», prospetta «una società
senza differenze di sesso e svuota la base antropologica della famiglia».
«Questa ideologia - si legge ancora nel testo papale citato dal
delegato vaticano - induce progetti educativi e orientamenti legislativi che
promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente
svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina... È
inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a
certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero
unico che determini anche l’educazione dei bambini».
«Non si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo
sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare»,
ha sottolineato il prelato sulla scia delle parole del Papa. «D’altra parte, la
rivoluzione biotecnologica nel campo della procreazione umana ha introdotto la
possibilità di manipolare l’atto generativo, rendendolo indipendente dalla
relazione sessuale tra uomo e donna. In questo modo, la vita umana e la
genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette
prevalentemente ai desideri di singoli o di coppie».
Aula ha ricordato come un tempo era «chiara» la comprensione di cosa
significasse essere uomo o donna: era una questione di cromosomi. «Oggi tale
chiarezza è stata scalfita dalla ideologia gender che ipotizza un’identità
personale svincolata dal sesso». «Una cosa è comprendere la fragilità umana o
la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di
dividere in due gli aspetti inseparabili della realtà», ha sottolineato
l’arcivescovo. Sostituire questa identità di genere al sesso biologico - ha
aggiunto - ha forti ricadute «non solo in termini di diritto, educazione,
economia, salute, sicurezza, sport, lingua e cultura», ma anche «in termini di
antropologia, dignità umana, diritti umani, matrimonio e famiglia, maternità e
paternità» nonché sulle sorti stesse delle donne, degli uomini e «soprattutto
dei bambini».
Il rappresentante vaticano ha poi citato l’enciclica Laudato si’, che,
al paragrafo 155, afferma che l’accettazione del proprio corpo «è necessaria
per accogliere e accettare il mondo intero come dono», mentre “una logica di
dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio
sul creato». «Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a
rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana»,
scriveva il Pontefice nella sua enciclica “verde”. «Anche apprezzare il proprio
corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé
stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé… Pertanto, non è sano un
atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa
più confrontarsi con essa».
Gli stessi concetti Bergoglio li aveva ripetuti a voce ai vescovi di
Porto Rico incontrati nel giugno 2015, evidenziando che la complementarietà
dell’uomo e della donna «è messa in discussione dalla cosiddetta ideologia di
genere in nome di una società più libera e giusta. Le differenze tra uomo
e donna non sono per l’opposizione o la subordinazione, ma per la comunione e
la generazione».
«Quando si mette in discussione la dualità naturale e complementare
dell’uomo e della donna - ha osservato da parte sua monsignor Auza - la nozione
stessa di essere umano viene minata. Il corpo non è più un elemento
caratterizzante dell’umanità. La persona è ridotta a spirito e volontà e
l’essere umano diventa quasi un’astrazione».
Il rappresentante vaticano ha inoltre lanciato l’allarme per
l’insegnamento dell’ideologia gender ai bambini, in modo che i ragazzi e le
ragazze siano incoraggiati a mettere in discussione, fin dalla più tenera età
della loro esistenza, se sono maschi o femmine suggerendo che «il sesso ognuno
lo può scegliere». «Perché insegnano questo?», ha domandato citando ancora il
Papa nel discorso a Cracovia ai vescovi polacchi nel 2016, «perché i libri sono
quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le
colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti».
Il prelato ha concluso il suo intervento esortando a «custodire la
nostra umanità», che «significa anzitutto accettarla e rispettarla come è stata
creata». Il nostro sesso, così come i nostri geni e altre caratteristiche
naturali - ha detto - «sono dati oggettivi, non scelte soggettive».
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