Lorenzoni e la scuola
che insegna la realtà
Fra il romanzo, il saggio e l’inchiesta, un libro che si muove sulla falsariga di classici della letteratura scolastica come Lodi, Mosca e Bernardini: un maestro racconta l’esperienza sul campo in una classe della provincia italiana con bambini provenienti da varie culture. Lezioni costruite su fatti concreti collegati a grandi personaggi della storia e dell’attualità per ridare alle nuove generazioni il gusto di fare domande
È necessario raccontare i bambini e i ragazzi di oggi, non con il taglio di chi fa ipotesi su di loro, ma attraverso lo sguardo e le riflessioni di chi con loro ha vissuto quotidianamente, li ha coinvolti in progetti che allargano le prospettive delle discipline, ha ascoltato e trascritto le loro parole, facendole diventare parte di un lungo racconto che è ben più di una cronaca, ma si trasforma in un romanzo- saggio corale dove si alternano innumerevoli voci. Sono quelle del maestro che racconta le esperienze degli ultimi cinque anni di scuola, seguendo un ordine non di sola natura diaristica, ma che offre partenze, rimandi, momenti di racconto di esperienze significative, punti di arrivo di un percorso costruito insieme alla propria classe, in un momento storico in cui diventa sempre più complesso creare delle relazioni.
È ciò che racconta Franco Lorenzoni, in questo libro, tanto intenso, quanto profondo dal punto di vista civile, di quelli che non si leggevano, per novità e ricchezza di contenuti, dai tempi delle esperienze di Mario Lodi o di Albino Bernardini ( Un anno a Pietralata), 'classici' di una letteratura- verità, fondata sull’umano, degli anni Settanta. In un succedersi di esperienze, di pensieri e di dialoghi Lorenzoni propone il senso di un viaggio compiuto in una classe elementare della scuola di Giove, il piccolo paese umbro che si affaccia sulla valle del Tevere.
Lorenzoni scrive che «per noi maestri e maestre elementari la crescente disomogeneità che abita le nostre classi, non solo riguardo alle provenienze geografiche dei bambini, costituisce la principale sfida, per affrontare la quale non finiamo mai di allenarci ». Così è necessario che l’avventura pedagogica, «per far spazio a un futuro diverso e migliore », ha bisogno di navigare necessariamente controvento, cambiando le prospettive, facendo sì che i ragazzi rappresentino la verità da cui partire per giungere alla conoscenza, per farsi un’immagine del mondo che non sia stigmatizzata su concetti stereotipati o su luoghi comuni, ma che si avvalga dell’arte dell’incontro come strumento di crescita e di costruzione di una futura e possibile forma di nuova moralità.
E ancora ritroviamo il senso di questa esperienza e la profondità del libro che la racconta in queste riflessioni: «La geografia che oggi abita le nostre classi ci offre una possibilità inedita di riflettere e di ricercare intorno allo stato delle condizioni umane nelle diverse latitudini del pianeta che abitiamo. Quando riusciamo a prenderci tempo e sostare a lungo attorno a domande cruciali, memorie di lingue diverse e molteplici storie possono intrecciarsi e ravvivare lo studio, aiutandoci a comprendere meglio ciò che si muove nel mondo » .
Lorenzoni crea situazioni che attingono al passato, le fa riconoscere ai ragazzi e al contempo ne riporta la lezione nel presente. Fa diventare persone vive il primo storico, Erodoto, chiama in causa la lezione di Gandhi e al contempo ne confronta gli esiti di ricerca con i giocattoli africani che vengono portati in classe dai ragazzi, analizzando la realtà della Somalia, di cui indaga la situazione socio-culturale attraverso la lettura di articoli che aiutano a capire cosa sia lo Stato: «Studiando alcuni articoli della nostra Costituzione e ragionando sulla separazione dei poteri, il confronto con la situazione politica in Somalia ci ha fatto capire quanto sia difficile e duro vivere in un Paese senza Stato».
Molti sono i grandi temi trattati e stupisce, nella lettura delle produzioni infantili riportate, il grado di autenticità e di bellezza cui possono giungere i bambini quando affrontano parole per temi non convenzionali, come la relazione tra guerra e pace, violenza e non violenza, maschile e femminile. E ancor più numerosi sono gli incontri fatti in questo viaggio, oltre ai già ricordati Erodoto e Gandhi, Pericle, Socrate, Aristofane, Ipazia, Martin Luther King, ma anche Malala e Leyman Gbowee, l’attivista africana, premio Nobel per la pace, che aveva guidato una rivolta delle donne contro gli uomini, che costringevano i bambini a combattere in una guerra civile in Liberia. Anche se resta nella mente un’altra figura, quella di Aylan, il piccolo bambino curdo morto affogato e fotografato sul bagnasciuga dell’isola di Kos. È un’immagine che emerge all’inizio della terza elementare, mentre tutti i ragazzi della classe condividono le memorie dell’estate, momenti felici e altri comici, ma anche questa figura drammatica che interroga sul perché dell’emigrare; ne nasce un lungo percorso di riflessione che arriva fino a Giotto e a una scritta che comparirà in grande sulle pareti della classe: « Il mar Mediterraneo è la spaccatura di Giotto » , indicazione nata da un incrocio di riflessioni, a partire da La cacciata dei demoni da Arezzo.
Si tratta di un viaggio che non smette di stupire, che racconta e interroga, che riafferma il bisogno di una pedagogia non solo a scuola per ritornare a far pensare i bambini, per costruire le coscienze di un futuro che non si vorrebbe vada perduto. La scuola, così come è stata vissuta da Lorenzoni, è come l’arte: «Non offre spiegazioni, ma dona immagini capaci di moltiplicare le nostre domande. Esattamente ciò di cui abbiamo bisogno a scuola, se vogliamo educare bambine e bambini a diffidare di ogni facile semplificazione».
Franco Lorenzoni, I bambini ci guardano, Sellerio, 2019, pagg. 334, € 14
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