"M'interesso di
te": l'impegno dei Salesiani per i minori immigrati non accompagnati
387 ragazzi
“invisibili” avvicinati, dall'inizio dell'anno, nell’ambito del progetto
avviato dai Salesiani in quattro grandi città italiane. Educatori di strada,
psicologi e volontari garantiscono a ciascun minore immediato sostegno e poi
opportunità scolastiche e di formazione professionale
di Adriana
Masotti - Città del Vaticano
“Sono stato rinchiuso in un mese in una casa con altre 120 persone con
poca acqua e cibo. Non potevo uscire. Si poteva andare in bagno una sola volta
al giorno, pidocchi e zecche non ci facevano dormire e degli uomini armati ci
controllavano. Il 23 di giugno alle 2.30 del mattino ci hanno presi e fatti
salire su un gommone”. A.S, nigeriano appena maggiorenne, arrivato in Italia a
15 anni, ricorda così l’ultima tappa in Libia del suo viaggio al di là del
Mediterraneo, nel 2015. Dopo i primi anni passati in comunità, oggi vive per
strada a Catania seguito dai servizi di “bassa soglia” messi in atto dai
Salesiani nell’ambito del progetto “M’interesso di te”.
Il progetto dei Salesiani per
"gli ultimi"
Da due anni prima a Roma e poi a Torino, Napoli e Catania, l’associazione
Salesiani per il Sociale, Federazione Scs/Cnos (Servizi Civili e Sociali –
Centro Nazionale Opere Salesiane), uno strumento a sostegno della pastorale del
disagio e della povertà educativa che s' ispira a San Giovanni Bosco, è
impegnata a fianco dei minori migranti non accompagnati presenti in Italia e
fuori dai circuiti dell’accoglienza messa in campo dallo Stato.
"I ragazzi che contattiamo – racconta ai nostri microfoni don
Giovanni D’Andrea, presidente dell’associazione salesiana - li abbiamo definiti
'gli ultimi degli ultimi': sono quelli che escono fuori dal percorso ordinario
delle casa-famiglia, e che vagano per la strada, dormono fuori e hanno mille
avventure, anche drammatiche, tragiche. Perché il mondo della strada è molto
crudo, non guarda in faccia a nessuno: dormono anche in luoghi non buoni, e non
soltanto da un punto di vista ambientale ma proprio per le persone che lì
possono incontrare. C’è molta violenza, ci sono codici comportamentali
particolari..." (Ascolta l'intervista a don Giovanni D'Andrea sul progetto
"M'interesso di te")
Il primo passo: stabilire un rapporto
di fiducia
387 i minori “invisibili” contattati dal progetto nel primo semestre di
quest’anno. “ Sono ragazzi molto semplici – ci dice ancora don D’Andrea -.
Purtroppo la vita, per quello che hanno subito,
fa dubitare loro di tutti, quindi non si fidano subito. Mi diceva una
volta Mario, un ragazzo: 'Io ho avuto tanti sorrisi da tante persone, però
dietro ad ogni sorriso poi c’è stata sempre una pugnalata'. Quindi, all’inizio
è normale che siano così, però si deve avere pazienza, dialogare con loro a
partire dalle cose che possono sembrare più banali".
Dietro l'angolo il rischio dello
sfruttamento
Secondo Save the Children, nel 2017 sono arrivati in Italia 17.337
minori, di questi 15.779 non accompagnati. Circa 5.000 quelli che gravitano
attorno alle stazioni centrali delle aree metropolitane e che ogni giorno
rischiano di essere coinvolti in attività criminali o in circuiti di
sfruttamento sessuale. Una situazione molto lontana da quella che si
immaginavano prima di arrivare. "Questo perché - spiega il presidente di Salesiani
per il sociale - molti di questi ragazzi arrivano da noi con la convinzione che
devono subito lavorare, fare soldi, mandarli a casa, perché da casa hanno
pagato una quota non indifferente per farli arrivare in Italia. Quando poi
invece arrivano e vedono che non è facile subito trovare lavoro, perché sono
minori, devono stare nelle comunità e fare tutto il percorso, allora tanti
preferiscono non farlo e scappano finendo per strada".
Non perdere mai la speranza
La rete che sostiene gli interventi del progetto “M’interesso di te” è
composta da educatori di strada, psicologi e volontari che garantiscono subito
a ciascun ragazzo intercettato, sostegno e protezione. In una seconda fase,
offrono loro la possibilità di seguire un corso di lingua italiana, di ricevere
assistenza legale per l’iter di riconoscimento come rifugiati, di imparare un
mestiere e di inserirsi nel mondo del lavoro.
Solo 1 su 10 dei ragazzi contattati compie fino in fondo questo percorso,
ma don D’Andrea non perde mai la speranza che anche per ciascuno degli altri
possa maturare col tempo qualcosa di buono. "Don Bosco - afferma - diceva
che 'in ogni ragazzo c’è un punto accessibile al bene, anche nel più
disgraziato'. E il compito di noi educatori è trovare questa corda per farla
vibrare. Questo lo si fa se ti sforzi ogni volta di metterti in gioco: ogni
giorno è un giorno nuovo, e quindi anche la speranza che la grazia di Dio possa
toccare il loro cuore".
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