L’opera del grande storico della scienza
Stanley Jaki offre preziose indicazioni per chi è impegnato oggi
nell’educazione scientifica.
Una rilettura dei suoi testi principali e
di alcuni contributi specifici consente di evidenziare cinque punti cruciali:
la prospettiva storica, l’insegnamento per esempi, il valore delle parole, il
realismo degli oggetti, le radici cristiane della scienza.
di Beniamino Danese
Alcuni
anni fa, quando gli scrissi di essere un fisico che lavorava nella science education,
Padre Jaki mi diede un consiglio riassunto in una sola riga: «La scienza non è
filosofia e la filosofia non è scienza» [1].
È una riga paradossale, che non ha
mancato di causare discussioni senza fine ogni volta che l’ho difesa con amici
e colleghi.
Come minimo, non ha mai mancato di
«svegliare la mente», che è lo scopo dei paradossi [2].
Padre Jaki, infatti, aveva una predilezione
per questo tipo di frasi brevi e incisive.
Così, per esempio, su scienza e religione: «Non osi unire l’uomo, ciò
che Dio ha separato».
Ma
torniamo a scienza
e filosofia. Padre Jaki ne ha discusso a più riprese. Ci
interessa in questa breve introduzione approfondire questa sua frase che costituisce
in una certa misura la sintesi del nostro intervento. «Diversamente dalla
verità scientifica, sempre nitida perché
ristretta, la verità
filosofica è sempre
ampia perché comprensiva, e non importa quanto particolare, e anche quanto banale,
ciò possa apparire.
Essendo comprensiva, la verità
filosofica chiede di abbracciarla, ossia di amarla e di trasformarla in
saggezza, che è un’attitudine che non permette parcellizzazioni» [3].
Come
la filosofia anche
coloro che insegnano,
e coloro che
imparano, sono abbracciati e a loro volta abbracciano una
disciplina. E così l’insegnare (e l’imparare) hanno a che fare con l’amore.
«Questo insegnante mi ha fatto amare (o odiare) la materia» è, infatti, una
frase molto comune sulla bocca degli studenti.
Padre Jaki diceva che, come l’infermiere,
insegnare non è solo una professione, è una dedizione. Una cura.
Ma insegnare e
imparare hanno anche
dei limiti.
«L’interesse per una qualsiasi cosa seria
non può essere insegnato in modo consequenziale, se mai può essere insegnato. E
poiché l’interesse è una forma di amore, anche la filosofia, in quanto
è amore della
saggezza, non è
completamente insegnabile» [4].
Con questo paradosso possiamo inquadrare
la riflessione sull’educazione scientifica.
L’opera del grande storico della scienza
Stanley Jaki offre preziose indicazioni per chi è impegnato oggi
nell’educazione scientifica.
Una rilettura dei suoi testi principali e
di alcuni contributi specifici consente di evidenziare cinque punti cruciali:
la prospettiva storica, l’insegnamento per esempi, il valore delle parole, il
realismo degli oggetti, le radici cristiane della scienza.
Insegnare e imparare, anche per le
discipline scientifiche, ha a che fare con l’amore. E ha dei limiti.
Tratterò in breve cinque punti tratti dai
cinquant’anni di studi e lavori di Padre Jaki [5], cinque punti che hanno una
speciale rilevanza per l’educazione in generale e l’educazione scientifica in
particolare.
La prospettiva della storia della scienza
Negli anni Sessanta del secolo scorso Padre Jaki forgiava la sua prima opera
importante, The Relevance of Physics [6]. Padre Jaki lavorò per guarire quel
malessere culturale che è la divisione fra le due culture (le lettere e le
scienze), secondo il titolo di un noto saggio di Charles Percy Snow (1905 -1980).
E allora ci si può domandare: ma come? Da
un lato l’affermazione «la scienza non è filosofia», dall’altro il lamento
sulla «divisione in due culture»? Come si affronta questo paradosso? ...
Leggi: EDUCAZIONE SCIENTIFICA
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