“L’Italia è un Paese invecchiato, e invecchiato male”. E’ l’analisi del sociologo Mauro Magatti, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, che nella terza giornata della Settimana sociale ha affermato che in materia di lavoro l’Italia “si trova di fronte a un bivio: o cadere ancora di più nella spirale dello sfruttamento e delle disuguaglianze che sono il risultato di una società digitalizzata che pretende di controllare le attività di , o di andare verso un nuovo modello di sviluppo che metta al centro la creatività umana”.
Per realizzare questo obiettivo, secondo Magatti, bisogna “navigare tra la Scilla di una società senza lavoro e la Cariddi di una società dove tutto è lavoro”. “Nel nuovo mare della tecnica, si ripropone la questione della terra”, la tesi del sociologo, secondo il quale in materia di lavoro “questo è il tempo della semina, dell’audacia, dell’impegno di chi sa crederci senza vedere ancora i frutti”. “Nulla contro il consumo, ma l’ordine dei fatti va invertito”, la proposta: “Prima bisogna produrre valore e poi consumare”; il che significa “lavorare tutti insieme per creare un valore comune, che metta insieme economia e società, materialità e spiritualità, immanenza o trascendenza”.
“Il lavoro deve tornare al centro del modello di sviluppo”, ha detto poi il sociologo rilanciando la proposta formulata in apertura dal card. Bassetti di “un grande patto per il lavoro”, che secondo Magatti deve essere “prima di tutto un patto intergenerazionale, se si vuole invertire il declino dell’Italia”. Oggi, infatti, “chi ha il patrimonio – i vecchi – non vuole investirlo perché vuole proteggersi, chi invece – i giovani – vuole investirlo non può farlo per il grande debito che è stato accumulato sulle loro spalle”. E’ urgente, quindi, “una nuova stagione qualitativa di sviluppo, che consenta alle nuove generazioni di creare le condizioni di possibilità di protezione degli anziani”. “Solo la qualità del lavoro fa anche la quantità del lavoro”; ha affermato Magatti a proposito del pilastro del “lavoro degno”: “l’indicazione della direzione non basta, perché i giovani ce la facciano bisogna fare uno sforzo straordinario per trasformare in un’occasione l’allungamento della vita media”.
Per far tornare il lavoro al centro del modello di sviluppo, secondo Magatti occorre “Prendersi cura dell’umano in tutte le sue dimensioni”, partendo dalla consapevolezza che “una formazione integrale non è mai solo un affare privato”; “creare un ecosistema favorevole a chi il lavoro lo crea”, detassando il lavoro, facendo arrivare le risorse a chi lo crea e non a chi specula; “creare nuovo valore”, cioè “mettersi insieme per produrre nuovi tipi di beni, non solo individuali e privati”.
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