Il
compito vero – nei giorni che ad ognuno è dato di vivere – è intendersi con gli
altri “senza darsi botte in testa reciprocamente”: Bonhoeffer ne era convinto. Oggi solitudine
e isolamento incombono e si rischia di invecchiare e morire prima ancora di crescere.
La situazione non ammette semplici spettatori di lotte altrui.
È
davvero urgente ricostruire la tessitura della società attraverso una rivoluzionaria cultura del
dialogo. Superare la soglia dello specchio e imparare ad arricchirsi della
diversità dell’altro è possibile; scoraggiarsi è la più grande tentazione. Non
ci sono ricette o facili scappatoie. Si tratta di mettere in dialogo tutte le
forze vive, non di vincere sugli altri.
Rispetto a quanto siamo abituati a fare, vera
rivoluzione è solo un impegno umile, deciso a pensare, cercare, provare e
trovare la propria strada per un confronto reale. Nella trasparenza della
fraternità è possibile e anche facile riconoscere semplicemente i propri passi
falsi. Purtroppo però è altrettanto facile prenderli a pretesto per discernere
quelli degli altri. Così succede che il confine fra lo spirito cordiale e
l’ironia è indefinito e raggela il sorriso.
Eppure
i rapporti difficili si possono curare. Parola d’ordine evangelica è: “Apriti!” (Mc 7,31-37), lascia
che attraverso le tue orecchie entrino in te le voci e i suoni del mondo, le
armonie e le dissonanze, le parole e i silenzi… Chiediti che cosa provi e
perché. Cerca di capire quello che provano gli altri e perché… E il nodo che ti
porti dentro, pian piano, comincia a sciogliersi. Diventa più chiaro dare un
nome alle proprie e altrui emozioni e realistico imparare a gestirle in un
‘parlarsi,, che sia via alla fraternità. Vita in realtà è comunicare con la
sofferenza e la gioia delle persone; accogliere ciò che chi ‘mi’ vive accanto
pensa, sente, desidera…
Se
nel rapporto interpersonale si vuole sempre e solo luce, chiarezza, certezza
assoluta, forse si vuole dominare più che comunicare. Perché il dialogo autentico non è un caffè
istantaneo e non dà effetti immediati. Ma se si parte dalla vita e dalle
esigenze dell’altro, qualche strada nuova si apre. Anche nelle situazioni più
buie e contraddittorie della storia – ci ha insegnato il cardinal Martini – lo
Spirito è all’opera e pone segnali di bene, che chiedono di essere riconosciuti
per fondarvi la speranza che non delude.
Mettere
la maiuscola all’Altro,
significa prendere sul serio le persone, la loro alterità umana, uscire insomma
dalle prigioni del narcisismo… Allora nascono i più bei progetti: fragili,
reali, sempre aperti al cambiamento…
Non praticheremo mai a sufficienza questo orizzonte profetico nel quale si
accolgono le differenze come parte di un cammino comune. Mettersi in
condizione di parità con l’altro e non di distanza rende, comunque, possibile
offrire – con verità e umiltà – parole che aprono, abbracciano, facilitano,
aiutano a sollevare lo sguardo da se stessi.
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