VACANZA …
un tempo per svuotarsi dall'effimero e
riempirsi del duraturo
Non c’è dubbio che l’ideale
di vacanza è quello di evadere dalla rete del quotidiano, recuperando il tempo
del disimpiego, per evadere (se possibile) dall’obbligo.
La parola vacanza non
ha una bella etimologia, proviene dal verbo latino “vacare”, nel suo
significato di vuoto, di ozio. L'aggettivo “vacus”, infatti, distingue una
persona senza preoccupazioni, senza amore, quasi indifferente. La vacanza,
molto spesso, è proprio così, avvolta nell'indifferenza: si guarda a se stessi,
senza pensiero per tutto ciò che succede attorno.
Ma vorremmo dare un
significato diverso “allo svuotarsi”, che non è dall’impegno o dalla
responsabilità, ma esattamente al contrario; è recuperare lo spazio del tempo
interiore per stare con noi stessi, riscoprire la dimensione del CUORE;
che nella cultura biblica non è un muscolo e neanche il luogo metaforico
dell’innamoramento, ma il cuore è la coscienza, è il centro della persona,
il luogo della libertà e dell’intimità, dove tutte le nostre facoltà si
incontrano nella libertà di scelta.
Vacanza in questo senso
rende bello quello che facciamo, uno svuotarsi dall’effimero per riempirsi del
duraturo, un allontanarsi dall’apparenza per gustare fino in fondo il sapore
della sostanza, una sostanza che può essere illuminata dalla luce della verità
e dell’amore. Vacanza diventa quindi ritrovare il gusto del fermarsi a
riflettere … ritrovando il coraggio di pensare, per aprirci ad un dialogo
profondo con l’altro e con l’Alterità.
Benediciamo quindi questo
tempo, e giunga a tutti voi una benedizione antica. Questa Benedizione è
racchiusa in una Poesia, che viene da una voce sconosciuta dalle “terre
di Nairi”, dal paese d’Armenia, l’antico altopiano sotto il monte Ararat, dove
secondo la leggenda si posò l’arca di Noè.
E’ un canto di saggezza, parole
di un dotto e dolce contadino-veggente che fu un grande poeta, e fu ucciso a
trent’anni, nel fiore del suo genio.
ANTASDAN
(Benedizione per i campi dei quattro angoli del mondo)
(Benedizione per i campi dei quattro angoli del mondo)
Nelle plaghe
d’Oriente sia pace sulla terra…..
non più sangue, ma sudore irrori le vene dei campi,
e al tocco della campana di ogni paese sia un canto di benedizione.
non più sangue, ma sudore irrori le vene dei campi,
e al tocco della campana di ogni paese sia un canto di benedizione.
Nelle plaghe
dell’Occidente sia fertilità sulla terra….
Che da ogni stella sgorghi la rugiada e ogni spiga si fonda in oro,
e quando gli agnelli pascoleranno sul monte germoglino e fioriscano le zolle.
Che da ogni stella sgorghi la rugiada e ogni spiga si fonda in oro,
e quando gli agnelli pascoleranno sul monte germoglino e fioriscano le zolle.
Nelle plaghe
dell’Aquilone sia pienezza sulla terra…..
Che nel mare d’oro del grano nuoti la falce senza posa,
e quando i granai s’apriranno al frumento si espanda la gioia.
Che nel mare d’oro del grano nuoti la falce senza posa,
e quando i granai s’apriranno al frumento si espanda la gioia.
Nelle plaghe del
Meridione sia ricca di frutti la terra….
Fiorisca il miele degli alveari, trabocchi dalle coppe il vino,
e quando le spose impasteranno il pane buono sia il canto dell’amore.
Fiorisca il miele degli alveari, trabocchi dalle coppe il vino,
e quando le spose impasteranno il pane buono sia il canto dell’amore.
Pubblicata
nel 1914 in R. Zartarian, Meghaked (libro di letture per le
scuole medie). Traduzione di Boghos Levon Zekiya.
Da un messaggio della presidenza del MASCI
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