L’infanzia e il maestro
Marcello D’Orta, autore del fortunato ‘ Io speriamo che me la cavo ’,
autentico maestro elementare e suggestivo cantore dell’infanzia indifesa, con
l’assistenza del Signore in cui credeva tanto da regalargli l’unico figlio
Giacomo, viceparroco della Basilica di san Francesco di Paola in piazza
Plebiscito a Napoli, ha scelto di
lasciare questo mondo la mattina dello scorso 19 novembre, ipotizzando che il
giorno dopo, 20 novembre, avrebbe potuto far coincidere i suoi funerali con la
‘ Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’ approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.
E’ vero, sono queste la strane, indecifrabili coincidenze della vita
ma D’Orta amò davvero l’infanzia tanto da elevarla alla dignità di protagonista
del suo fortunato bestseller. Il successo ottenuto dal libro, due milioni di
copie vendute in tutto il mondo, spinse qualche critico un po’ severo ad
ipotizzare, da parte del maestro – autore,
un’abile manipolazione dei testi originariamente redatti dagli allievi.
Una lettura serena e priva di pregiudizi di quegli elaborati consente,
invece, di coglierne genuinità e immediatezza e, quindi, di comprovarne la
fedele trasposizione.
Arzano, centro alla periferia nord – orientale di Napoli, è la
località, distante appena nove km. dal capoluogo regionale, ove aveva sede la scuola frequentata dagli
alunni di D’Orta. Non sembrano di certo edulcorate o, peggio, manipolate espressioni
del tipo: “ Io credevo chi sa come erano fatti i francesi. Sono tali e quali a
noi, solo un po’ più francesi” o “ Mio padre non so quanti hanni (sic!) ha,
però non è troppo vecchio; un poco è anche giovane “ oppure “ Un povero che
chiede la carità a Milano, non è di Milano, è di Foggia “ o ancora “ Quando io
correvo sulla spiaggia tutta la rena andava in faccia ai signori che dormivano
e quelli gridavano. Ma a me che me ne fotte ? Io correvo “.
Il successo ottenuto da “ Io speriamo che me la cavo “ è la conferma
della straordinaria sensibilità del compianto D’Orta verso l’antropologia
dell’infanzia che, in ogni angolo del mondo, è viva, autentica, non
contraffatta, istantanea.
Il codice linguistico materno, utilizzato dai fanciulli napoletani,
possiede una marcia in più per risultare più espressiva di originali stati
d’animo e di straordinarie ovvietà.
La Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata 24
anni fa a New York, sanciva il diritto dell’infanzia alla vita, alla famiglia,
alla protezione, all'educazione, alla scuola.
Marcello D’Orta, scegliendo per strana ma significativa coincidenza, di chiudere la sua esperienza terrena nella giornata celebrativa di
quell’evento, ha voluto confermare la sua vocazione di maestro e di amico
dell’infanzia prima ancora di quella di bravo scrittore.
Ambrogio Ietto
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