Famiglia, gusto per la qualità della
vita, religiosità, amore per il bello, rispetto degli altri: i valori per vivere
meglio insieme. Dopo il ciclo dell’individualismo, la riscoperta delle relazioni
Ecco il comunicato stampa del CENSIS che evidenzia i principali risultati della ricerca «I valori degli italiani» realizzata dal
Censis nell’ambito delle attività per le celebrazioni del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia
ITALIANI, INDIVIDUALISTI PENTITI
– I più importanti valori che oggi accomunano gli
italiani sono il senso della famiglia (indicato dal 65% dei cittadini), il gusto
per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21%) e l’amore per il
bello (20%). La voglia di essere padroni della propria vita, lo slancio delle
ambizioni personali, il bisogno di auto-affermarsi, di inventare il proprio
destino e di soddisfare i propri desideri, sono stati i valori che hanno
caratterizzato la nostra storia recente e su cui si è costruito lo sviluppo del
Paese dagli anni ’50 in poi. La spinta individualista ha liberato enormi
energie, ha favorito la crescita di un sistema produttivo fatto di centinaia di
migliaia di imprese e ha sostenuto la vitalità di un mercato capace di esprimere
sempre nuove domande. Oggi quello sviluppo sembra progressivamente rallentare,
la moltiplicazione dei soggetti ha portato a uno sfarinamento delle capacità
decisionali nelle questioni di interesse collettivo e l’autonomia dei
comportamenti è sfociata in forme di disagio antropologico. Per il futuro, i
valori che faranno l’Italia e gli italiani sembrano poggiare sempre meno sulla
rivendicazione dell’autonomia personale e sempre più sulla riscoperta
dell’altro, sulla relazione e la responsabilità. Sono valori che in questa fase
fanno emergere scintille di speranza che vanno però alimentate e potenziate,
affinché possano diventare un nuovo motore di crescita socio-economica e civile
del Paese.
Il senso della famiglia. Perno della comunità nazionale è la
famiglia, anzi i diversi «format familiari», visto che nel periodo 2000-2010
sono diminuite le coppie coniugate con figli (-739mila), mentre sono aumentate
le coppie non sposate con figli (+274mila) e le famiglie con un solo genitore
(+345mila). Nel periodo 1998-2009 sono aumentate le unioni libere (+541mila,
arrivando in totale a 881mila) che, inclusi i figli, coinvolgono oltre 2,5
milioni di persone. E sono complessivamente 5,9 milioni gli italiani che hanno
sperimentato nella loro vita una forma di convivenza libera. Le famiglie
ricostituite (formate da partner con un matrimonio alle spalle) sono diventate
1.070.000. Quelle ricostituite coniugate sono aumentate di 252mila unità,
arrivando in totale a 629mila. Le diverse modalità concrete di essere famiglia
rispondono al bisogno crescente di avere una relazionalità significativa. Più
del 90% degli italiani si dichiara soddisfatto delle relazioni familiari. Anche
se ci si sposa meno (tra il 2000 e il 2010 i matrimoni sono diminuiti del 23,7%:
67.334 in meno), all’unione matrimoniale è ancora riconosciuto un valore
importante: il 76% degli italiani è convinto che sia una regola da rispettare e
il 54% ritiene che garantisca maggiore solidità alla coppia.
Il gusto per la qualità della vita. Altra
forza che genera coesione dell’individualismo italiano è l’orgoglio di
appartenere al Paese del buon vivere. Il 56% dei cittadini è convinto che
l’Italia sia il Paese al mondo dove si vive complessivamente meglio. Molto
staccati gli altri Paesi europei, gli Stati Uniti e l’Australia. Italiani non
più esterofili, quindi, ma orgogliosi di essere l’eccellenza del buon vivere.
Anche se in futuro avessero la possibilità di andarsene dall’Italia, due terzi
dei cittadini (66%) non lo farebbero in nessun caso.
La tradizione religiosa. L’82% degli italiani pensa che
esiste una sfera trascendente o spirituale che va oltre la realtà materiale. Di
questi, il 66% si dichiara credente e il 16% lo pensa anche se non si dichiara
osservante. Ma due terzi degli italiani di fatto non entrano mai nei luoghi di
culto, e solo un terzo vi si reca una o più volte alla settimana per partecipare
alle funzioni religiose.
L’amore per il bello. Il 70% degli italiani è convinto che
vivere in un posto bello aiuta a diventare persone migliori. Crede quindi che ci
sia un legame tra etica ed estetica, e che la bellezza abbia anche una funzione
educativa. Il 41% pensa che le meraviglie del nostro Paese possano essere la
molla che ci farà ripartire.
Rallenta la spinta acquisitiva. Il consumismo attrae meno,
visto che il 57% degli italiani pensa che, al di là dei concreti problemi di
reddito, nella propria famiglia il desiderio di consumare è meno intenso
rispetto a qualche anno fa. Il 51% crede che, anche in questa fase di crisi,
nella propria famiglia si potrebbe consumare di meno tagliando eccessi e
sprechi. In maggioranza gli italiani (45%) pensano che devono conservare quello
che hanno, piuttosto che puntare ad avere di più (29%).
Di quali valori avranno più bisogno in futuro gli italiani per stare
meglio insieme? Moralità e onestà (55,5%), rispetto per gli altri
(53,5%) e solidarietà (33,5%) sono i valori considerati necessari per migliorare
la convivenza sociale in Italia. Non è un generico richiamo al merito o
all’autonomia individuale, quindi, ma il lento, difficile, sofferto, condiviso
impegno collettivo in una diversa quotidianità dei rapporti fatta di maggiore
rispetto e attenzione per gli altri.
È ora di darsi una regolata. Stanchi delle forme più estreme
e sregolate di individualismo e trasgressione, negli italiani è scattato il
riflesso «law and order». L’89% dei cittadini vorrebbe misure più severe contro
le droghe pesanti, l’87% le ritiene auspicabili per contrastare i fenomeni
legati alla guida pericolosa, il 76% nei confronti dell’abuso di alcol, il 74%
verso le droghe leggere, il 71,5% nei confronti della prostituzione. La deriva
restrittiva è meno intensa, ma comunque presente, nei confronti dei fumatori (il
52% vorrebbe provvedimenti più stringenti) e di chi mangia cibi ipercalorici che
causano l’obesità (47%).
Cosa viene dopo il soggettivismo. La crisi del soggettivismo
ha generato dunque due pulsioni. La prima è l’apertura all’altro, la riscoperta
del valore delle relazioni, convinti che ci possiamo salvare solo tutti insieme.
La seconda è un emotivo approccio restrittivo verso le passate sregolatezze
dell’individualismo. Ma nessuna pedagogia calata dall’alto potrà fare i nuovi
italiani: nessuna etica eterodiretta, tesa a rieducare i cittadini a
comportamenti virtuosi, innescherà un nuovo ciclo di sviluppo civile e
sociale.