ALLA VIGILIA DELLA 49a SETTIMANA SOCIALE
DEI CATTOLICI ITALIANI
- di
Francesco Occhetta
In
questi giorni stanno bruciando migliaia di ettari di bosco, le fiamme radono al
suolo molte foreste, nemmeno gli alberi della nostra memoria – gli uliveti
secolari – sono stati risparmiati, dal cielo piove cenere e l’aria è
irrespirabile in molte zone del Paese.
Lo spettacolo a cui stiamo assistendo ci lascia inermi mentre,
da turisti, cerchiamo di vivere qualche giorno di riposo.
Se
poi alziamo lo sguardo, oltre il nostro Paese, ci accorgiamo che se i Governi
non pongono al centro le politiche ambientali basate sulla prevenzione e uno
sviluppo sostenibile, anche il fondamento delle democrazie sarà
devastato da cicloni, inondazioni e siccità che fanno morire di fame popoli
interi. Solo per questo occorre fare tutto il possibile, senza
aspettare domani.
Gli
scienziati non sanno più come spiegarlo, la parola d’ordine è “de-carbonizzare”
il pianeta, altrimenti l’aumento di temperatura crescerà di 1 o 2 gradi entro
la fine del secolo. Certo, l’inquinamento atmosferico negli anni migliorerà
grazie alla cultura ecologica delle giovani generazioni, le classi dirigenti di
domani, ma l’inquinamento stratosferico richiede un accordo urgente dei
Governi che inquinano.
Uno
degli obiettivi dello sviluppo sostenibile era di prevedere e curare ciò che
invece stiamo subendo. Per renderlo possibile la società civile
doveva avere accesso alle informazioni, per partecipare ai processi decisionali
e costruire una vera giustizia ambientale a partire dalla formazione. Ma
l’obiettivo non è diventato cultura politica, è stato soffocato da altri
interessi.
Non basta più nemmeno la democrazia ambientale, che nel diritto internazionale
è regolata dal principio 10 della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 su
“ambiente e sviluppo”.
Tutti
i cambiamenti storici nascono da testimoni radicali che gradualmente vedono
diventare realtà i loro sogni di bene. Gino Strada ci ha
insegnato che basta una persona, non uno Stato, per salvare migliaia e miglia
di vite ferite dalla guerra. Non basta più postare o indignarsi: per cambiare
occorre cambiarsi e agire a partire da scelte e azioni coerenti.
Nella
Bibbia dire ambiente significa, anzitutto, includere la natura nel concetto di
creazione che rimanda a un ordine originario e originante, a un’armonia
relazionale e a un equilibrio interiore, ma anche a una libertà personale da
scegliere “per l’altro”.
Per
capire l’urgenza del tema bastano due dati: il 90% degli animali è a rischio di
estinzione mentre 902 milioni di persone vivono in condizioni di povertà
assoluta. Basterebbero questi due dati per ribadire l’urgenza di un cambiamento
di mentalità che deve iniziare dalla conversione della cultura e dalla
formazione.
Per
la Chiesa la “politica green” si regge su due poli:
l’inseparabilità «della preoccupazione per la natura, la giustizia
verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (LS n. 10) e
«i diversi livelli dell’equilibrio ecologico e di fraternità:
quello interiore con se stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale
con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio» (LS n. 210).
Su
questi temi la Chiesa in Italia si riunirà a Taranto, dal 21 al 24 ottobre
2021, per la prossima Settimana Sociale dal titolo: «Il
pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso».
Taranto
è l’icona di molte realtà e «mostra concretamente in che consiste il “debito
ecologico”: una interminabile sequela di morti insieme a profonde ferite
ambientali. Di fronte a queste sofferenze, a Taranto come altrove, non è più
possibile temporeggiare lasciando la popolazione in una perenne
incertezza». È lo sforzo di coniugare i principi (global) con le
prassi (local). Occorre lavorare insieme al modello che sta
emergendo, separando gli individualismi e scommettendo su ciò che è comunitario
e comune. La “transizione ecologica” può solo essere costruita con
lo sforzo di tutti.
La
via è tracciata: occorre scegliere e cambiare stili di vita privilegiando forme
di economia circolare e modelli economici di sostenibilità per creare nuovi
posti di lavoro per il bene comune dei territori. È, inoltre, importante
favorire la crescita del housing sociale, degli investimenti
nel settore del biologico, dell’energia rinnovabile come alternativa a quella
fossile.
L’obiettivo
per la Chiesa in Italia è quello di aiutare a bonificare le moltissime aree
inquinate: mari, fiumi, la terra dei fuochi, le falde acquifere, l’inquinamento
dell’aria in alcune città ecc. Quando però la Chiesa parla di ambiente
non si limita mai alla “natura”, fa riferimento, piuttosto, all’ambiente
interiore, quello della propria coscienza, all’ambiente della vita
relazionale e al rapporto intimo con Dio. La qualità dell’ambiente
inteso in senso stretto dipende sempre da come l’uomo coltiva l’ambiente
interiore e relazionale. I disequilibri ambientali sono la conseguenza di cuori
feriti e inquieti e da relazioni distrutte.
Lo
scopo dell’appuntamento di Taranto è quello di animare un processo,
un movimento di popolo, per contribuire a invertire la rotta di tutto il Paese.
Si dirà: ma è troppo poco! Contribuire agli sforzi generosi che sono in atto è
già un segno di ripartenza, a meno che non si contribuisca a dar vita a
pratiche e a soluzioni migliori.
Esistono
modi di vivere l’ambiente, gli spazi, i nuovi lavori che valgono «oro» per la
Chiesa, perché umano e in armonia con la creazione. Per questo è utile che le
realtà diocesane identifichino e valorizzino pratiche eccellenti per far
nascere, attraverso l’incontro, il confronto e il dialogo con altre realtà del
Paese, nuove idee che possano dare lavoro nelle comunità locali e invertire i
tanti sfruttamenti di cui soffrono i nostri territori. L’alleanza tra mondi e
professioni, tra generazioni e saperi diversi può aiutare l’ambiente a
rifiorire senza renderlo un ostacolo allo sviluppo e al lavoro.
Non
abbiamo alternativa per ricostruire una democrazia ambientale e relazionale se
vogliamo rianimare la stanca democrazia formale. La condizione è quella posta
dai filosofi: «Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo
non preservo me stesso».
Pubblicato su comunitadiconnessioni.org