Sarete giudicati sull'amore
Carlo Carretto (direttore didattico e poi ritiratosi nel deserto tra i Piccoli Fratelli del Vangelo), è stato il primo presidente dell'AIMC.
Riportiamo alcune pagine del suo più famoso libro, "LETTERE DAL DESERTO".
Ancora oggi non saprei dirvi se l'episodio della grande pietra sia stato un
sogno e che genere di sogno.
Ha esercitato così forte influenza sui miei pensieri, ha talmente cambiato
le prospettive in cui si vedono le cose, che non l'ho mai potuto attribuire a
ciò che comunemente intendiamo quando, svegliandoci, diciamo: "Ho fatto
un sogno."
No, no: è stato qualcosa di più. Per me, quel tratto di deserto tra Tit e Silet
rimane il luogo del mio purgatorio, l'ambiente dove si raccoglie volentieri la
mia anima a meditare le cose di Dio e dove... probabilmente chiederò
d'andare, dopo morte, a continuare la mia espiazione, se non sarò stato
capace in vita di compiere un atto d'amore perfetto.
Ecco la grande pietra sotto il sole accecante del Sahara, la lama d'ombra
sulla sabbia calda, la distesa fino all'orizzonte dell'oued solcato dalle tracce
dei camion e delle jeep dei petrolieri e dei geologi.
"Sarete giudicati sull'amore" mi ripete sulla mia immobilità questo luogo; e
i miei occhi bruciati dal sole guardano lontano il cielo senza nubi.
Non mi voglio più ingannare; non mi posso più ingannare: la realtà è che
non sono stato capace di dare la mia coperta a Kadà per paura della notte
fredda; il che significa che io amo più la mia pelle di quella del mio fratello,
mentre il comandamento di Dio mi dice: "Ama la vita degli altri come la
tua."
E ciò appartiene ancora al Vecchio Testamento, alla prima rivelazione di
Dio all'uomo: "Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso."
(Dt 6, 5). Che se veniamo al Nuovo e alla Rivelazione di Gesù, le cose si complicano.
"Amatevi tra di voi come Io vi ho amato." (Gv13, 34).
Come Io! cioè non solo la coperta ma la vita stessa. In realtà l'atto d'amore
perfetto consiste nell'essere disposto a fare ciò che fece Gesù: cioè a morire
per Kadà, per me, per tutti.
Sotto questa visuale, il Cielo è quel luogo dove ciascuno dei presenti
dev'essere talmente "maturo all'amore", da offrire la sua vita per tutti gli
altri.
È l'amore perfetto, universale, radicale, senza ombra d'avversità,
d'antipatia, di limite, colati in esso come nel fuoco.
Chi è pronto a ciò, alzi la mano!
Per questo, dopo la visione della grande pietra, vedo il mio purgatorio
lungo, terribilmente lungo, forse lungo come le epoche geologiche.
Questa sabbia che tocco con le mani, che scorre tra le mie dita appartiene
al "Primario". Un qualunque geologo mi dice: è vecchia di 350 milioni
d'anni.
I grandi rettili che popolarono questi luoghi e di cui ho visto i resti nelle
fosse sahariane appartengono al secondario: 130 milioni d'anni. Quei
cammelli che portano il sale dal Niger e che mi passano dinanzi in carovane
lunghe ed eleganti, annoverano i loro progenitori nel lontano terziario: 70
milioni d'anni. E l'uomo, questo uomo così grande e nello stesso tempo così
piccolo, con quanta lentezza marcia sui cimiteri di animali che l'hanno
preceduto!
È del quaternario, di ieri: 500.000 anni.
Dio non ha fretta nel fare le cose; e il tempo è suo e non mio. Ed io,
piccola creatura, uomo, sono stato chiamato da essere trasformato in Dio
per partecipazione. E ciò che mi trasforma è la carità, che Dio ha infuso nel
mio essere.
L'amore mi trasforma lentamente in Dio.
E il peccato, è proprio qui: resistere a questa trasformazione, saper e
poter dire di no all'amore.
Vivere nel nostro egoismo significa fermarsi allo stato di uomo e
impedirne la trasformazione nella carità divina.
E fin tanto che non sarò trasformato "per partecipazione" in Dio,
attraverso la carità, sarò di "questa terra" e non di "quel cielo".
Il Battesimo mi ha elevato allo stato soprannaturale; ma tale stato deve
essere maturato, e tutta la vita ci è data per tale maturazione; ed è la carità,
cioè l'amore di Dio, che ci trasforma.
L'aver resistito all'amore, il non essere stato capace di accettare la
sollecitazione di tale amore che mi aveva detto: "Da' la coperta al tuo
fratello", è talmente grave, che crea, tra me e Dio, la porta del mio
purgatorio.
Che vale dire bene l'Ufficio divino, ascoltare la S. Messa e non accettare
l'amore?
Che vale aver rinunziato a tutto, l'essere venuto qua tra la sabbia e il
caldo e resistere all'amore?
Che vale difendere la verità, battersi per i dogmi coi teologi, scandalizzarsi
di coloro che non hanno la stessa fede e poi restare per epoche geologiche
sulla porta del purgatorio?
"Sarete giudicati sull'amore": ecco ciò che mi grida quel pezzo di deserto
tra Tit e Silet.
"Sarete giudicati sull'amore" mi dice la grande pietra sotto la quale
trascorrerò il mio purgatorio in attesa di maturare in me la carità perfetta,
quella che Gesù mi ha recato sulla terra e mi ha donato col prezzo del Suo
Sangue, accompagnandolo col grido della grande speranza: "Io vi risusciterò
nell'ultimo giorno! " (Gv 6, 40).
Che quel giorno non sia troppo lontano!